Abruzzo

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L'Abruzzo (o gli Abruzzi) è una regione a statuto ordinario dell'Italia meridionale, con capoluogo L'Aquila, compresa tra il medio Adriatico e l'Appennino centrale. Estesa su una superficie di 10 831 km², ha una popolazione di 1 269 590 abitanti ed è divisa in quattro province (L'Aquila, Chieti, Pescara e Teramo) e 305 comuni.

Confina a nord con le Marche, a est col mare Adriatico, a ovest col Lazio e a sud col Molise: si divide principalmente in una parte costiera-collinare sul versante orientale con le spiagge e le colline prospicienti l'Adriatico, e una parte montuosa sul lato occidentale con i Monti della Laga (2.458 m s.l.m), il Gran Sasso d'Italia (2 914 m s.l.m.), la Maiella (2 793 m s.l.m.), il Sirente-Velino (2 487 m s.l.m.) e i Monti Marsicani (2.283 m s.l.m.), che costituiscono i principali massicci montuosi della catena appenninica.

Pur essendo situato al centro della penisola italiana, l'Abruzzo è storicamente, culturalmente, economicamente e in gran parte anche linguisticamente legato all'Italia meridionale, anche secondo le definizioni adottate da Istat ed Eurostat.

Etimologia e stemma

La parola Abruzzo, secondo l'ipotesi più accreditata proposta per la prima volta dallo storico umanista Flavio Biondo nella sua pubblicazione L'Italia Illustrata, deriverebbe da Aprutium come evoluzione popolare di (ad) Praetutium, ovvero la terra dei Pretuzi (lat. Praetutii o Praetuttii), un'antica popolazione italica che viveva nella zona dell'attuale Teramo. Secondo altre ipotesi, il lemma potrebbe derivare anche da abruptus (in latino "ripido", "scosceso"), participio perfetto del verbo abrumpere ("strappare", "troncare", "violare i patti").

Dal momento in cui Carlo I d'Angiò nel 1273 col diploma di Alife, divise il Giustizierato d'Abruzzo (voluto da Federico II nel 1233), in due province sopra e sotto il tratto del fiume Pescara, cioè Abruzzo Ulteriore e Abruzzo Citeriore, la regione fu, da allora sino ad oggi, nota anche come "gli Abruzzi".

Lo stemma della regione è stato adottato nel 1976; la forma è quella di uno scudo italico ed il disegno è costituito da tre fasce oblique, ognuna delle quali raffigura una caratteristica della regione: quella superiore, bianca, simboleggia le montagne innevate, quella mediana, le colline, mentre l'ultima richiama il colore del mare.

Geografia fisica

Territorio

Il territorio abruzzese è prevalentemente montuoso (65%) e collinare (34%); la pianura (1%) è costituita soltanto da una stretta fascia costiera lungo il litorale, lunga 131 km. La regione si divide naturalmente in due macro aree, separate dalle catene montuose della Maiella e del Gran Sasso: la zona interna, che ricalca la provincia aquilana, è formata dalle sub regioni della Valle dell'Aterno (Alto Aterno, Conca Aquilana, Valle Subequana), Altopiano di Navelli, Valle del Tirino, Marsica, Conca Peligna, Altipiani maggiori d'Abruzzo e Alto Sangro, strette fra le vette dei diversi monti dell'Appennino abruzzese, mentre la zona costiera, con le restanti tre province di Pescara, Chieti e Teramo, è composta prevalentemente da una estesa fascia collinare, su cui si allargano le principali vallate della Val Pescara, la Val di Sangro e la Valle del Tordino, e dalla stretta pianura costiera, intensamente urbanizzata in particolare nel centro-nord della regione.


Clima

Il clima abruzzese è fortemente condizionato dalla presenza del Massiccio montuoso Appenninico-Centrale, che divide nettamente il clima della fascia costiera e delle colline sub-appenniniche da quello delle fasce montane interne più elevate: mentre le zone costiere presentano un clima di tipo mediterraneo con estati calde e secche ed inverni miti e piovosi, la fascia collinare presenta caratteristiche climatiche di tipo sublitoraneo con temperature che decrescono progressivamente con l'altitudine e precipitazioni che aumentano invece con la quota (come nel caso di Pescara, che a circa 10 m s.l.m. ha temperature medie di circa 15 °C e piogge annuali intorno ai 700 mm, e Chieti, che, posta su un colle a 330 m s.l.m., pur presentando temperature medie simili, registra precipitazioni molto più copiose, con valori annui di circa 1000 mm).

Anche le precipitazioni difatti risentono fortemente della presenza delle dorsali montuose appenniniche della regione: aumentano con la quota risultando più abbondanti nel settore e sui versanti esposti ad occidente, decrescendo invece verso est e sui versanti esposti ad oriente. Spesso le coste adriatiche rimangono in ombra pluviometrica da ovest per l'effetto di sbarramento dell'Appennino subendo l'azione dei venti miti da esso discendenti (libeccio o garbino).

In inverno le precipitazioni sono per lo più nevose dalle quote medio-basse in su e occasionalmente fin sulle coste in occasione di eventi freddo-umidi (episodi di 'burian' e 'rodanate').

Ambiente naturale

All'interno delle diverse aree protette, disseminate non solo sulla dorsale appenninica, ma anche sulle colline dell'entroterra e lungo i 130 km di costa, è custodito oltre il 75% delle specie animali e vegetali del continente europeo.

In Abruzzo vi sono tre parchi nazionali, un parco regionale e 38 aree protette tra oasi, riserve regionali e riserve statali. In totale il 36,3% del territorio regionale è sottoposto a tutela ambientale. Nel territorio dimora il 75% delle specie animali presenti in Europa ed è patria di alcune specie rare come l'aquila reale, il lupo abruzzese il camoscio d'Abruzzo e l'orso marsicano. In proposito si può parlare di un vero e proprio sistema protezionistico di interesse europeo, infatti il complesso sistema di aree protette abruzzese prosegue a nord con il parco nazionale dei monti Sibillini nell'appennino umbro-marchigiano.

Sul territorio abruzzese sono presenti i seguenti parchi nazionali e uno regionale:

La struttura delle aree protette comprende in Abruzzo, oltre i parchi nazionali e quello regionale, fra le 38 riserve statali, riserve regionali, Oasi e parchi territoriali attrezzati gestisce diversi biotopi di interesse scientifico, i quali nonostante di dimensioni territoriali a volte ridotte, presentano aspetti di notevole interesse scientifico e naturalistico e completano il sistema delle aree protette della regione. Le riserve tutelano complessivamente l'1% del territorio regionale e sono gestite dai comuni, che nella maggior parte dei casi si avvalgono di comitati allargati ad altri enti e associazioni in grado di avviare progetti di rilevazione e studio delle specie floristiche e faunistiche. Alcune riserve regionali si sono dotate di organi di gestione che prevedono oltre al rispetto delle norme di tutela, strumenti di pianificazione e programmi di valorizzazione dell'area protetta. Il sistema costituisce uno strumento di pianificazione ambientale, un laboratorio permanente di ricerca scientifica in cui sono stati realizzati importanti progetti faunistici dell'Appennino, con il ripristino dell'ecosistema e il reintegro di specie da tempo scomparse. Sul versante settentrionale del Gran Sasso si trova il ghiacciaio Calderone, il più meridionale del continente.

Aree marine protette

Istituita nel 2010, l'area marina protetta Torre del Cerrano è l'unica area marina protetta della regione; essa si estende per circa 37 km quadrati e tutela un tratto di mare unico in Abruzzo, trattandosi di uno dei pochi arenili dove è sopravvissuto un ambiente dunale pressoché intatto; a poche decine di metri dalla costa sono presenti i resti sommersi di notevole interesse archeologico e naturalistico dell'antico porto di Atri.

Con la legge 93 del 23 marzo 2001 è stata prevista la realizzazione di un parco nazionale fra i comuni di Ortona e Vasto, noto come Parco della costa teatina. Nonostante la perimetrazione provvisoria del parco operata dal commissario ad acta Giuseppe De Dominicis, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 4 agosto 2014, la consulta ne ha bloccato la legge regionale di istituzione, in quanto trattandosi di un'area marina tale competenza spetta allo Stato.

Flora

La vegetazione abruzzese è caratterizzata dalla presenza di differenti ecosistemi mediterranei; nella costa e nelle zone limitrofe è notevole la presenza di querce, roverelle e carpini orientali, oltre alla presenza localizzata di piante classiche della macchia mediterranea come il mirto, l'erica e il lentisco; nella fascia collinare crescono anche il rovere, l'olivo, il pino, il salice, il leccio, il pioppo, l'ontano, il corbezzolo, la ginestra, la robinia, il rosmarino, il biancospino, la liquirizia e il mandorlo. Tra i 600 e i 1.000 metri di quota si estende la vegetazione submontana, caratterizzata principalmente da boschi misti di cerro, roverella, tiglio, acero e carpino; tra gli arbusti molto diffusi la rosa canina e il ginepro rosso.

A quote più alte, tra i 1000 e i 1900 metri d'altezza, è largamente diffuso il faggio,e talvolta l'abete bianco,con rimboschimenti di pino nero, mentre sulle aree appenniniche di alta quota superiori ai 2000 metri sono presenti specie come l'orchidea alpina, il ginepro montano, il pino mugo, il mirtillo nero e la stella alpina.

Fauna

La fauna abruzzese è molto varia; l'animale simbolo della regione è il camoscio d'Abruzzo, che dopo essere stato a rischio estinzione è al centro di progetti di ripopolamento; anche l'orso bruno marsicano è un animale tipico della regione, assieme a lupo appenninico, cervo, lince, capriolo, arvicola delle nevi, volpe, istrice, gatto selvatico, cinghiale, tasso, vipera e lontra. Diversi anche gli anfibi presenti in regione: l'ululone appenninico, il geotritone italiano, la salamandra pezzata, la rana, il rospo, il tritone e la raganella italiana; inoltre è originaria della regione la razza canina del pastore maremmano-abruzzese. Fra le numerose specie di volatili, le più caratteristiche della regione sono l'aquila reale, il nibbio, il falco pellegrino, il fratino, il lanario, il grifone, il gufo, l'allocco, il picchio e il fringuello.

Storia

Età antica

Notizie dell'era preistorica di presenze sia animali, vegetali e umane sono documentate da vari ritrovamenti nel territorio di Teramo (Ripoli, Campovalano, Ponte Messato), Chieti (necropoli Santa Maria Calvona, Touta Marouca, Grotta del Colle) e Pescara (parco archeologico colle del Telegrafo). Della preistoria esistono ritrovamenti fossili conservati oggi nel Museo Geopaleontologico del Castello ducale di Palena, nel Museo Archeologico Nazionale di Chieti e nel Museo delle genti d'Abruzzo di Pescara, mentre negli anni '50 a Scoppito fu rinvenuto uno scheletro di un mammut, conservato nel Forte spagnolo. Del periodo del Neolitico sono stati rinvenuti reperti nelle principali valli del Tordino, nella val Pescara, nella valle Peligna e nel bacino del Fucino (il villaggio di Paludi presso Celano). Si ipotizza che le primitive popolazioni abruzzesi, viventi sia nelle montagne che preso le valli, seguissero uno stile di vita prevalentemente agricolo, dati i numerosi ritrovamenti di strumenti di lavorazione della campagna.

Popoli preromani

Nell'età del Neolitico l'uomo ha fatto la prima comparsa nell'Abruzzo, come testimoniano alcune necropoli del X secolo a.C., di Fossa e Comino di Guardiagrele. Successivamente, dall'VIII secolo a.C. circa in poi, la regione fu popolata dalle colonie degli italici osco-umbri. In aggiunta a questo gruppo di popolazioni, anche i Sanniti si stanziarono nell'attuale Abruzzo, nel Molise, nella Campania e nella Basilicata. Queste popolazioni sabelliche provenienti da sud si divisero in Abruzzo in due sotto-gruppi o tribù, i Carricini ed i Pentri, che si adattarono, a partire dall'VIII secolo a.C. sia dal punto di vista culturale che sociale ai territori dove si erano stanziati.

I Marsi risiedevano nella Marsica, nel circondario dell'antico lago Fucino, con capitale Marruvium tra i monti del Sirente-Velino, i piani Palentini, la valle del Giovenco e la valle Roveto; i Peligni fondarono la loro capitale Sulmona nella conca peligna; i Frentani colonizzarono la val di Sangro con la capitale ad Anxanum e con i principali sbocchi portuali ad Ortona e Histonium arrivando a controllare territori fino all'attuale Molise, presso Termoli e Larino, ai confini con le tribù dei Pentri, stanziati tra le città di Isernia, Boiano Aufidena (Alfedena) e Castel di Sangro. Altre popolazioni principali erano i Marrucini, situati nella valle del Foro e della Maiella a ridosso di Chieti (l'antica Teate) e Guardiagrele; i Vestini, che divisi in due dal massiccio del Gran sasso controllavano parte della conca aquilana e tutta l'area Vestina, arrivando fino alla costa con il porto di Aternum, scali di Vestini, Marrucini e Peligni, oggi divenuta Pescara e i Pretuzi, con capitale Interamnia Praetutiorum (Teramo), aventi scambi commerciali con i Piceni, infine vi erano i sabini originari dell'alta valle del fiume Aterno che in una serie di conquiste lungo la via Salaria arrivarono fino a fondare Roma nell'VIII sec. a.C. 

Tali popolazioni erano sparse per il territorio abruzzese, facendo parte di un sistema amministrativo composto di unità proprie, con una capitale legata all'entità della tribù stessa.

Gli italici Sanniti e i Romani

I popoli dell'Italia antica stanziati in territorio abruzzese, gli Equi, i Frentani, i Marrucini, i Marsi, i Peligni, i Piceni, i Pretuzi, i Sanniti, e i Vestini, vennero tutti sottomessi dai Romani intorno al III secolo a.C. Agli inizi del I secolo a.C. tali popoli, assieme al resto dei Sanniti, formarono una coalizione militare volta a costringere la repubblica romana ad estendere i diritti di cittadinanza, la Lega italica, che comprendeva anche popoli stanziati al di fuori dall'attuale Abruzzo; i popoli italici scelsero come capitale nel 91 a.C. la città di Corfinium dove venne coniata una moneta d'argento dello stesso valore del denario romano recante la scritta "Italia" (nell'osco Viteliù). Questa fu la prima occasione storica in cui il termine Italia venne utilizzato con finalità politiche. Dopo due anni di guerra, la Lega italica, pur sconfitta militarmente, riuscì nell'89 a.C. ad ottenere il diritto alla cittadinanza da essa reclamato. Tuttavia il dittatore romano Lucio Cornelio Silla invase il Sannio e devastò le principali città, per poi ricostruirle ex novo, e a nulla valse la resistenza dei generali sanniti Quinto Poppedio Silone e Gavio Papio Mutilo.

Durante il principato di Augusto, il territorio sannita fu ripartito nella Regio IV Samnium, per quanto concerne il territorio dell'odierno Abruzzo e parte del Molise, e nella Regio V Picenumper quanto concerne il settore teramano, al nord del fiume Pescara.

Prima fase Medievale

In seguito alla caduta dell'Impero romano d'Occidente la regione subì le invasioni dei Longobardi e dei Normanni (rispettivamente nel VI e nell'XI secolo), e fu possesso di vari conti e potenti locali. Non si hanno molte notizie riguardo alla presenza bizantina del V secolo d.C., anche se è accertata, come dimostrano i ritrovamenti presso l'area frentana, conservati nel Museo dell'Abruzzo Bizantino Altomedievale del castello ducale di Crecchio. A quest'epoca risale la fondazione dell'abbazia di Santo Stefano in Rivomaris presso la costa di Casalbordino, una delle più antiche della regione.

Successivamente la regione entrò a far parte del Ducato di Spoleto, dopo la discesa in Italia di re Alboino, mentre alcune aree furono possesso dei monaci di grandi abbazie sviluppatesi nel IX secolo. Le prime cinque grandi abbazie cistercensi furono quelle di Santa Maria di Casanova, Santa Maria della Vittoria, Santi Vito e Salvo, Santa Maria Arabona e Santo Spirito d'Ocre[36]. Successivamente, nello stesso periodo, sorsero ulteriore monasteri, come San Clemente a Casauria, Santa Maria di Bominaco, San Giovanni in Venere, San Marco di Ortona e Abbazia di San Liberatore a Maiella.

All'epoca della conquista longobarda, la gran parte delle città principali abruzzesi, fra le quali Teate, Interamnia, Anxanum, Sulmo, Histonium, Marruvio ed Ostia Aterni, erano in grave decadenza, tuttavia i conquistatori conservarono in parte il sistema amministrativo locale, riorganizzandolo, come descrive anche Paolo Diacono e come si riporta dalle cronache dell'abbazia di Montecassino e di Farfa, nelle province della Marsica (provincia Valeria), di Corfinio-Valva, di Teate, di Interamnia, di Penne e di Anxanum.

I Longobardi edificarono prevalentemente piccoli presidi fortificati, per lo più minuscoli fortini e torri di guardia, per controllare il territorio. Successivamente alla venuta dei Franchi di Carlo Magno e dopo la conquista della città e la sua distruzione a opera di Pipino il Breve, nel 973 a Chieti venne istituita la "marca teatina", mentre l'antica Histonium nell'802 veniva incendiata e riedificata dal conte Aimone di Dordona. La ricostruzione e l'edificazione ex novo di molti borghi (allora detti castelli, terre, feudi o ville) e città fu un evento caratterizzante della presenza franca e longobarda in Abruzzo, che oltre ad influenzare molti toponimi con nomi di origine germanica, permise ai nobili franchi come i conti Attoni, i Berardi, gli Aprutini e i Valvensi di insediarsi nelle città maggiori della regione.

Nella Marsica acquisì una certa prominenza locale la contea dei Marsi, instaurata da Berardo di Francesco, che dette iniziò a una lunga dinastia che durò sino al XIV secolo. Il territorio occupava più o meno tutta l'area fucense e la Valle Roveto, fino ai confini con Rieti, e le sedi del controllo erano dislocate a Tagliacozzo e ad Albe.

Dai Normanni a Federico II

Nel periodo dal X al XII secolo si sviluppò una nuova economia di tipo pastorale, benché già presente in età romana, ma stavolta concentrata sul tratturo con specifiche regole del regno, che portava al grande mercato di bestiame di Foggia. I tratturi, percorsi stradali enormi nelle conche delle montagne e delle pianure, attraversavano le città dell'Aquila, di Pescasseroli e di Castel di Sangro, fino al tavoliere delle Puglie. Le principali città abruzzesi furono fortificate e trasformate in gastaldati, come nell'esempio di Vasto, nata dalla fusione di due città, e anche Atessa. Nella zona meridionale della regione acquisì prominenza la Diocesi Teatina di Chieti, affiancata dalla baronia di Manoppello, e nella Marsica il controllo dei primitivi castelli medievali era in mano ai conti dei Marsi di Celano. Nel 1065 venne fondata un'altra importante abbazia abruzzese, quella di San Giovanni in Venere presso il promontorio costiero di Fossacesia, che amministrò per due secoli il diritto di governo su Vasto d'Aimone, e sugli altri feudi sparsi lungo il Sangro e il Trigno.

La difficile presenza normanna in Abruzzo è ricordata anche per il governo di Roberto III di Loritello, il quale si macchiò di empietà contro il sovrano di Sicilia e che compì scorrerie nella parte nord della regione, distruggendo la città di Teramo nel 1156, e nel 1143 i conquistatori occuparono anche la contea dei Marsi.

Il Giustizierato d'Abruzzo

La prima citazione giuridica della regione, con la prima definizione dei suoi confini, viene identificata con la creazione del giustizierato d'Abruzzo nel 1233, facente parte del Regno di Sicilia, voluto da Federico II di Svevia, con capitale Sulmona. Nel 1273 il giustizierato viene suddiviso in due territori, Abruzzo ulteriore, in massima parte corrispondente alle province dell'Aquila, Teramo e Pescara, e Abruzzo citeriore nella restante parte della regione corrispondente grosso modo alla provincia di Chieti.

In quel periodo il territorio della Conca amiternina, dal nome dell'antica città romana di Amiternum, era popolato soltanto da un piccolo nucleo urbano ad ovest del Gran Sasso, dove in seguito sorgerà L'Aquila e, nella parte orientale, dall'insediamento di Forcona. Già dall'XI-XII secolo nacquero piccoli castelli nella zona, i cui abitanti dal 1254 inizieranno a federarsi e a edificare la nuova città.

Fondazione dell'Aquila

Il capoluogo del Giustizierato, fin dalle origini, era Sulmona, che restò sempre fedele al sovrano Federico II durante la campagna di conquista dell'Abruzzo; era la città più grande e più forte economicamente, e facilmente raggiungibile grazie alla sua posizione centrale rispetto al territorio abruzzese. Soltanto le città marittime di Histonium e Lanciano potevano competere in importanza. Nel 1254 la vecchia città romana di Amiterno, ormai completamente in rovina, non era più gestibile, e sorse la necessità della costruzione di un nuovo centro; secondo la leggenda, 99 castelli della conca aquilana e della valle dell'Aterno si riunirono ed edificarono in poco tempo la nuova città, costruendo vie e chiese che prendessero il nome da quelle dei castelli fondatori.

La città rimase sempre fedele al partito angioino, già nel 1268 partecipando alla battaglia di Tagliacozzo contro Corradino di Svevia ed in seguito ostacolando le pretese della casa D'Aragona, sia prima che dopo l'assedio di Braccio da Montone nel 1424.

Il Quattrocento

Nel 1442, sotto il governo del il re Alfonso I di Aragona, vennero ripopolati molti castelli in disfacimento della regione, mentre a livello locale a Chieti si andavano affermando i Valignani, nobile famiglia napoletana che acquistò vari territori della zona, fra i quali Cepagatti, Alanno, Vacri e Ripa Teatina, mentre a Teramo erano i duchi Acquaviva di Atri a governare il territorio, beneficiando anche dell'importante sistema commerciale della transumanza, e nel 1472 un esponente della nobile famiglia atriana, Giulio Antonio Acquaviva, rifonderà l'antica città di Castrum Sancti Flaviania poca distanza dal centro romano, dandole il nome "Giulia Nova", con un nuovo impianto murario ed urbano in stile idealistico rinascimentali.

Il Cinquecento: la fine delle città libere

Tra il 1510 e il 1566 le coste abruzzesi furono méta di saccheggio incessante da parte degli Ottomani, e per contenere la minaccia turca l'imperatore Carlo V eresse il sistema difensivo delle torri costiere del Regno di Napoli, scegliendo Pescara come baluardo del giustizierato: l'allora piccolo borgo venne pesantemente fortificato con la costruzione di una grande fortezza per controllare gli accessi al Regno dal nord e dall'Adriatico. Il sistema difensivo venne messo alla prova già nel 1566, in occasione della grande incursione della flotta di 105 galee e 7000 uomini dell'ammiraglio ottomano Piyale Paşa, comandante in capo (Kapudanpaşa) della flotta ottomana agli ordini del sultano Solimano il Magnifico, che aveva già saccheggiato Napoli stessa tre anni prima. La fortezza non fu presa, anche per il decisivo contributo del valoroso condottiero, Giovan Girolamo Acquaviva duca di Atri, il quale organizzò la resistenza del forte e respinse gli attacchi dispiegando un fuoco di sbarramento dal bastione principale con tutte le artiglierie disponibili, dissuadendo l'ammiraglio turco dal perseverare nell'attacco e costringendo gli aggressori alla fuga. Questi si accanirono, allora, contro Francavilla, Ripa Teatina, Ortona, San Vito Chietino, Vasto, Casalbordino e Termoli, che subirono distruzioni, deportazioni e saccheggi.[41] Tuttavia l'ammiraglio ottomano non conseguì l'obiettivo strategico della spedizione, ovvero la conquista delle Tremiti, proprio a causa della tenace resistenza di Pescara. I danni dell'attacco nel territorio furono notevoli, con l'incendio della cattedrale di San Tommaso Apostolo, dell'abbazia di San Giovanni in Venere e dell'abbazia di Santo Stefano in Rivomaris e la distruzione dell'antica chiesa di Santa Margherita di Vasto, oggi cattedrale di San Giuseppe.

Diversa la situazione di quel periodo nell'entroterra abruzzese, che tornò a vivere un periodo di crescita economica, grazie allo sviluppo della transumanza, e culturale, favorita anche dal governo di Margherita d'Austria che ereditò i feudi di Penne, Campli, Ortona, Leonessa, Cittaducale e Montereale, in seguito noti come i cosiddetti "stati Farnesiani d'Abruzzo".

Tuttavia con l'intensificarsi del controllo spagnolo sul regno napoletano, si assistette ad un sistematico infeudamento delle città, che spesso (come nel caso di Chieti e dell'Aquila) erano città appartenenti al regio demanio.

Il Seicento

Il Seicento per l'Abruzzo fu un secolo difficile, con le principali città dominate da signorotti locali. Chieti nel 1646, nonostante l'opposizione della famiglia Valignani, venne venduta con i suoi feudi al duca Francesco Caracciolo di Castel di Sangro, anche se successivamente i Valignani stessi comprarono la città, "autoinfeudandosi"; tuttavia la città aveva perso il diretto controllo, già dalla metà del '500 sullo scalo portuale di Pescara, quando con la costruzione della piazzaforte questa divenne un'universitas. Lo stesso valse per Teramo, che nel 1519 venne venduta dal re ad Andrea Matteo Acquaviva, che avanzò pretese sulla città, fino a quando non marciò contro di essa, fuggendo tuttavia, secondo la leggenda, in seguito alla miracolosa apparizione del santo patrono della città, Berardo da Teramo, sulle mura brandendo una spada.

Benché Teramo riuscì a sfuggire alle pretese degli Acquaviva, che nel frattempo facevano fiorire il loro ducato con sede ad Atri, ogni suo tentativo di rivalsa economica veniva bloccato dalla presenza di vari signorotti mandati dal viceré; inoltre si trovò coinvolta nella "guerra del Sale", che riguardò la zona del Tronto e in particolare Civitella del Tronto, dove dalla metà del '500 era stata eretta una poderosa fortezza. Anche L'Aquila, dopo il breve esperimento di governo "illuminato" di Margherita d'Austria, passò il secolo tra alti e bassi nell'economia e nella politica.

L'unica realtà in ascesa, grazie soprattutto all'impegno di Diego d'Avalos, fu Vasto, anche se la cittadina non fu risparmiata dai mali che sconvolsero gran parte della regione, come la pestilenza del 1656, che flagellò molte vite soprattutto a Chieti. Alto secondo grave fenomeno fu il banditismo, con il significativo episodio dell'assalto alla città di Vasto da parte del teramano Marco Sciarra.

Il Settecento

La prima metà del secolo, anche a causa di due nuovi e catastrofici eventi sismici nell'entroterra aquilano, vide protagoniste le città di Chieti, Lanciano, Vasto e Teramo. Quest'ultima, dal 1562 al 1770 fu sede del cosiddetto Patriziato dei Quarantotto, una sorta di parlamento cittadino con gli uomini illustri dei quattro quartieri della città, ma alla fine del secolo questo istituto perse molta importanza, trasformandosi nella municipalità.

Anche Lanciano nel 1730 riuscì a liberarsi della feudalità e ad istituire un proprio municipio, pur non riottenendo gli antichi feudi sparsi per la vallata, di cui fu privata nel 1646.

I due terremoti del 1703 e del 1706

Nel 1703 un ennesimo e distruttivo terremoto colpì Aquila, danneggiando gravemente la città con le due forti scosse superiori al 6º grado della scala Richter verificatesi il 16 gennaio e il 2 febbraio. Molti edifici medievali crollarono e quasi tutte le chiese risultarono danneggiate. Durante la ricostruzione, le chiese vennero riedificate alla maniera barocca per quanto concerne l'interno, mentre numerosi palazzi nobili sostituirono le vecchie case medievali. La città impiegò quasi cinquant'anni per riprendersi completamente, dato che la ricostruzione, per l'entità dei danni e per la grave perdita dei cittadini, iniziò timidamente soltanto dal 1713.

Un nuovo potente terremoto sconvolse la valle Peligna e Sulmona il 3 novembre 1706, con una scossa del grado 6.6 della scala Richter che distrusse gran parte della città e di molti borghi circostanti, originatosi nella faglia di Campo di Giove.

L'inizio della smilitarizzazione di Pescara

Pescara, per secoli circondata dalle mura della sua fortezza, conobbe un primo grande sviluppo economico solamente a partire dalla seconda metà dell'800, e ancor più nel '900, grazie alla bonifica delle paludi che la circondavano ed all'arrivo della ferrovia Adriatica; lo sviluppo cittadino fu favorito anche da personalità come il poeta Gabriele D'Annunzio, che vi nacque nel 1863, ed il sindaco Leopoldo Muzii, che progettò il primo piano regolatore spostando il centro del borgo di Castellammare Adriatico nell'attuale centro città.


La grande fortezza voluta da Carlo V, con i suoi 7 bastioni a nord ed a sud del fiume, poté dirsi completa nel 1568 ca., e per i successivi 200 anni, sebbene con diverse interruzioni, venne infeudata ai D'Avalos-D'Aquino.

Proprio per la posizione strategica del sito, posto al confine settentrionale del Regno di Napoli, Pescara subì dalla metà del Seicento al primo Settecento numerosi attacchi: coinvolta in molti conflitti di scala continentale combattuti dal Regno di Napoli, nel tempo la città venne assediata più volte dalle principali potenze europee, fra cui francesi, spagnoli ed austriaci, oltre che dagli stessi borbonici durante le rivolte carbonare a cui prese attivamente parte. In seguito a questi eventi bellici, conclusi dalla restaurazione, la fortezza iniziò ad essere lentamente smantellata, e le caserme sulla riva sud del fiume furono adibite a carceri per dissidenti politici. Nel 1806 le univesitas del Regno di Napoli vennero abolite e sostituite dai comuni, e quella pescarese venne divisa in due municipalità, Pescara a sud del fiume, con lo storico borgo e la grande fortezza e Castellammare Adriatico a nord del fiume, ricadendo la prima nel distretto di Chieti, in Abruzzo citeriore, e la seconda nel distretto di Penne, nell'Abruzzo ulteriore. Negli anni la fortezza venne sempre più ridotta ed in molti tratti le mura vennero inglobate nelle abitazioni, mentre altri vennero demoliti; le caserme del corso vennero invece riconfermate come carcere, guadagnandosi il nome di "sepolcro dei vivi": vi vennero rinchiusi molti patrioti meridionali del Risorgimento, tra cui Clemente de Caesaris, dopo l'insurrezione dei "martiri Pennesi" nel 1837.

Le occupazioni francesi del 1799

Dopo la discesa di Gioacchino Murat nel regno di Napoli, occupando nel 1798 Roma e costringendo papa Pio VII a recarsi prigioniero a Parigi, le truppe di re Ferdinando IV di Borbone tentarono senza successo di ricacciare gli assedianti francesi. Il generale Championnet allora mandò immediatamente delle truppe francesi di Duhesme, Lemoine e Couthard in Abruzzo, dove si stava organizzando, da parte dei nobili, una resistenza filo-borbonica all'assedio imminente. Le truppe francesi si divisero in due schieramenti: una sarebbe passata per L'Aquila da Roma, occupando la Marsica, e ricongiungendosi con l'altra, che sarebbe partita da Civitella del Tronto passando per Teramo e lungo la vecchia via Tiburtina Valeria fino a Sulmona, occupando Pescara, Chieti, Lanciano, Ortona e Vasto.

Mentre a Napoli veniva instaurata la Repubblica Napoletana, un altro esperimento di governo repubblicano giacobino si ebbe soltanto a Vasto con la Repubblica Vastese e a Pescara, occupata da Ettore Carafa e Gabriele Manthoné, mentre nel resto della regione il breve periodo repubblicano rappresentò solamente caos e saccheggi. All'Aquila le truppe arrivarono da Antrodoco il 16 dicembre, e la città venne occupata il 24 gennaio 1799. Gli insorti sanfedisti aquilani, guidati da Salomone d'Arischia, riuscirono a isolare i francesi all'interno della fortezza spagnola, e infine a ricacciarli dalla città, non senza saccheggi delle chiese e dei palazzi da parte degli stessi francesi di Pluncket.

Lo stesso avvenne nelle città di Teramo e Sulmona, dove i francesi vennero dapprima cacciati dalla città. Le truppe del cosiddetto Esercito della Santa Fede erano comandate in Abruzzo da Giuseppe Pronio: nato a Introdacqua nel 1760, si guadagnò il soprannome di Gran Diavolo quando le truppe di Championnet scesero in Abruzzo, e si arruolò nell'esercito di Ferdinando IV di Napoli per combattere i francesi. L'8 settembre 1798 Ferdinando IV lanciò in battaglia l'esercito abruzzese, e il Pronio partecipò alle operazioni con un suo contingente, combattendo il 5 gennaio 1799 sul ponte san Panfilo a Sulmona, per poi tentare di arrestare il più possibile l'avanzata nemica verso Venafro con scaramucce e imboscate nell'altopiano delle Cinquemiglia. Successivamente fu incaricato di combattere i francesi a Chieti, Ortona, Vasto e Pescara, sollevando le popolazioni contro gli invasori. Occupò a sorpresa Ripa Teatina il 3 febbraio, e poi scese tra il 12 e il 15 a Lanciano, e tra il 18 e il 21 a Vasto, dove regnava l'anarchia dopo la proclamazione della Repubblica Vastese. Il 2 giugno fu nominato Generale Comandante dei tre Abruzzi. Combatté un'ultima volta per i Borbone il 30 marzo 1801 presso Civitella del Tronto fino alla morte nel 1804.

Anche a Teramo si tentò un esperimento simile a quello di Vasto di governo francese, basandosi per lo più sull'abilità politica di Melchiorre Delfico; il tutto però si risolse in un nulla di fatto e nel saccheggio generale durante la ritirata. Vasto divenne sede della repubblica dal 6 gennaio al 20 maggio 1799, vennero eletti i municipalisti tra i membri più influenti della società, anche se costoro per mancanza della guardia civica, non riuscirono a controllare gli episodi di violenza e saccheggio da parte della popolazione, di cui il capitolo più sciagurato spetta alla città di Ortona, quando, stando alle cronache di Omobono Bocache, la gente catturava i nobili e i personaggi d'alto rango politico per ucciderli e bruciarli in mezzo alla strada, subendo in conseguenza le rappresaglie francesi, e l'occupazione della città, difesa dai sanfedisti, da parte dei generali di Pescara.

Altro episodio di grave violenza avvenne il 25 febbraio a Guardiagrele, quando i cittadini vennero circondati e assediati dai francesi e dagli abitanti della vicina Orsogna, che desideravano vendetta per secolari questioni di divisione territoriale, incendiando l'archivio comunale e bruciando la città.

L'Ottocento

Fra le novità apportate dagli occupanti francesi, vi fu l'abolizione del feudalesimo ed il riassetto moderno del regno, con la creazione di comuni, distretti e circondari. Il territorio mantenne le precedenti divisioni fino al 1806, quando l'Abruzzo Ultra fu suddiviso nelle due regioni di Abruzzo Ulteriore Primo (distretti di Teramo e Penne) e Abruzzo Ulteriore Secondo (distretti di Aquila, Sulmona, Cittaducale e Avezzano). L'Abruzzo Citeriore era invece suddiviso nei distretti di Chieti, Lanciano e Vasto.

Dopo il definitivo ritorno del regno in mano a Ferdinando I delle Due Sicilie nel 1820 e in seguito al figlio Ferdinando II, in Abruzzo ci furono i primi movimenti carbonari, principalmente situati in confraternite di Pescara, Chieti, L'Aquila, Vasto, nella Marsica e a Sulmona. Questi ideali liberali tuttavia non ebbero tempo di crescere, e vennero immediatamente stroncati dai Borbone, così come i successivi movimenti popolari del 1848. Di queste battaglie risorgimentali, si ricorda l'esempio dei "martiri Pennesi", dal nome della città dove esplose la rivolta del 1837 guidata dal liberale Clemente de Caesaris. Questo episodio rimase un caso isolato, e venne punito con la morte degli insorti e l'incarcerazione di De Caesaris a Pescara.

L'Unità d'Italia ed il brigantaggio

In Abruzzo, nel 1861 durante gli sconvolgimenti dell'unificazione italiana, non ci furono vere e proprie rivolte contro il governo borbonico del Regno delle Due Sicilie, come nel 1848, bensì quasi solo l'appello di letterati e patrioti come Gabriele Rossetti, Silvio Spaventa e Cesare de Horatiis, che incitavano a fiancheggiare Vittorio Emanuele II di Savoia, poiché la popolazione era in massima parte vicina al vigente governo borbonico. Difatti furono numerose le bande di briganti che, con la motivazione spesso pretestuosa della difesa del governo dei Borbone, iniziarono ad operare in regione con saccheggi e tattiche da guerriglia. L'episodio più significativo dell'annessione della regione al Regno d'Italia fu l'assedio di Civitella del Tronto, la grande fortezza borbonica, baluardo più settentrionale del regno che era ancora sotto assedio mentre il 17 marzo del 1861 veniva proclamata la nascita del regno italiano. La strenua tenuta della fortezza ad un assedio tanto prolungato fu dovuta soprattutto alla capacità dei resistenti di collaborare con le bande di briganti operanti nel territorio.

Il 15 febbraio 1861, il Generale Mezzacapo ordinò un violentissimo bombardamento; nonostante gli evidenti danni, la fortezza non dava cenni di resa. Con la resa della piazzaforte di Messina, il 12 marzo 1861, l'esercito piemontese si concentrò maggiormente su Civitella del Tronto, oltre che sul Garigliano ed a Gaeta.

Il 17 marzo 1861, giorno della proclamazione del Regno d'Italia, venne ordinato un ulteriore rafforzamento del dispositivo d'assedio e, contemporaneamente, il generale borbonico Giovanbattista Della Rocca fu fatto entrare entro le mura di cinta, recando ai difensori il messaggio del re Francesco II con l'ordine di deporre le armi, informandoli della resa di Gaeta, ove il sovrano borbonico si era rifugiato. Della Rocca non fu creduto e lo scontro continuò fino al 20 marzo, giorno della resa.

Il primo Novecento

Il Novecento portò in Abruzzo cambiamenti epocali, che spostarono definitivamente gli equilibri socio economici dai territori dell'entroterra a quelli costieri, i quali già dagli ultimi anni del secolo precedente iniziarono a conoscere un boom demografico ed economico, sostenuto sia dalla colonizzazione di nuove ed ampie fasce di territorio in precedenza disabitate, e sia dalla costruzione di importanti infrastrutture come la ferrovia Adriatica nel 1863, che aprirà la costa abruzzese ai commerci con il resto del Paese. Le ferrovie, allora fondamentale veicolo di sviluppo, si moltiplicarono anche localmente, come la ferrovia Teramo-Giulianova del 1884, la ferrovia Roma-Sulmona-Pescara del 1888, la ferrovia Sangritana del 1912 e la ferrovia Pescara-Penne del 1929. In particolare le città che seppero veicolare meglio questo nuovo sviluppo economico e sociale furono Castellammare Adriatico e Pescara, le due municipalità in cui la città adriatica sarà divisa fino al 1927: da una parte, lo smantellamento della fortezza pescarese e la bonifica dei territori circostanti consentirono un nuovo grande sviluppo fuori dalle storiche mura cittadine, mentre dall'altra il piccolo borgo collinare di Castellammare si riversò sulla pianura costiera, e grazie agli investimenti nella zona del crescente ceto borghese cittadino, in pochi anni seppe rimodellarsi in affermata stazione balneare e centro turistico di livello nazionale. Nel resto della costa abruzzese, seguendo un percorso analogo a quello castellammarese di discesa dai colli verso la riva del mare, si svilupparono come centri turistici e culturali anche le città di Giulianova e Francavilla al Mare. Questo sviluppo della riviera abruzzese fu alimentato anche dall'inizio del fenomeno dell'immigrazione interna regionale, che perdurando a fasi alterne e con varie intensità sino ai giorni nostri, vede l'interno della regione spopolarsi progressivamente in favore delle aree più sviluppate della costa.

Terremoto della Marsica del 1915

Il 13 gennaio 1915, a pochi mesi dall'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale, una grande scossa di terremoto rase al suolo molti borghi della Marsica, tra cui Avezzano, il centro principale dell'area.


Pochi decenni dopo la bonifica del Fucino e nel pieno dello sviluppo socio-economico della Marsica avvenne l'evento più tragico: il terremoto della Marsica del 13 gennaio 1915. Conosciuto anche con il nome di "Terremoto di Avezzano", fu uno degli eventi sismici più gravi registrati in Italia. Colpì l'intera area della Marsica, subregione abruzzese. Il sisma del 1915, per forza distruttiva e numero di vittime, è classificato tra i principali terremoti avvenuti in territorio italiano. Causò 30.519 morti, secondo studi recenti del Servizio sismico nazionale. 10.700 vittime (più dell'80% dei residenti) vi furono nella città di Avezzano, epicentro del sisma, che contava prima della scossa di magnitudo 7.0 (Mw momento sismico) e ancora dell'11º grado della scala Mercalli (MCS), poco più di 13.000 abitanti. La tragedia avvenne alle ore 7.52.48 (dato dell'INGV) del 13 gennaio 1915. Avezzano, come visibile anche dalle dozzine di immagini storiche scattate nel circondario colpito, fu rasa letteralmente al suolo, e rimasero in piedi poche strutture, come il castello (benché gravemente compromessa), la chiesa di San Giovanni Decollato e il santuario di Pietraquaria, mentre l'antica collegiata, piazze e strade del centro storico, insieme al palazzo principesco, erano ridotti soltanto a un ammasso di macerie. Lo stesso dicasi per i vicini centri di Trasacco, Celano (con il castello completamente sfondato), Pescina, con la parte alta della torre Piccolomini franata, Alba Vecchia (oggi nel comune di Massa d'Albe), Magliano de' Marsi, Ortucchio; Gioia dei Marsi e Lecce nei Marsi, insieme a Cerchio e Collarmeledovettero essere ricostruite da zero per la portata dei danni.

Si ebbero danni anche a Roma, distante circa 100 km dall'epicentro, come pure nella Valle del Liri e in particolare nel Sorano, in Molise e al confine della Campania; a Nord, nel Cicolano e nell'Aquilano e dalla Sabina alle Marche, infine verso Est, alle porte di Chieti e Pescara. La scossa fu avvertita dalla Val Padana alla Basilicata.

Il ventennio fascista

Negli anni del regime fascista il territorio abruzzese fu riorganizzato dal punto di vista amministrativo, con diverse ripartizioni interne e anche cessioni verso altre regioni. Il regime infatti istituì nel 1927 la provincia di Pescara, creata scorporando il circondario di Penne dalla provincia di Teramo (salvo il mandamento di Bisenti, che resterà nella provincia teramana) e numerosi comuni dal circondario di Chieti, oltre a Bussi sul Tirino e Popoli, ceduti dalla provincia aquilana. Il capoluogo, costituito dall'unione dei comuni della vecchia Pescara e Castellammare Adriatico, avrebbe dovuto chiamarsi Aterno in un primo momento ma l'influenza di Gabriele D'Annunzio su Mussolini spinse quest'ultimo a favorire il nome della città che diede i natali al poeta. Nello stesso anno venne firmato il decreto soprannominato Grande Aquila, che con una sorta di compensazione per il trasferimento dalla provincia dell'Aquila a quella reatina del circondario di Cittaducale, univa al comune aquilano (che per l'occasione acquisiva l'attuale nome L'Aquila, cambiando il precedente nome postunitario Aquila degli Abruzzi) 8 comuni limitrofi.

L'unificazione cittadina di Pescara si accompagnò a un nuovo e importante sviluppo edilizio, in parte dovuto anche alla notevole attività pubblica, con il regime che costruì in città numerosi ed imponenti edifici pubblici in stile razionalista. L'ediliza pubblica fu molto attiva anche nella Marsica, con la ricostruzione ex novo di Avezzano, e a Lanciano, dove si inaugurò l'asse stradale principale della città nuova fuori dal vecchio centro medievale.

Lo sviluppo della città di Pescara e della costa abruzzese continuava ad accelerare, scandito dalla costruzione di monumentali edifici pubblici e amministrativi e dall'avvio delle prime forme di attività industriali e della massiccia colonizzazione di vaste aree rimaste disabitate. In quegli anni nacque il turismo balneare, favorito dalla costruzione dei primi alberghi e strutture ricettive a Pescara e Francavilla al Mare. Nella costa teramana l'intensa colonizzazione portò alla nascita di intere nuove città da piccoli casali di campagna, come accaduto per Montesilvano marina, Roseto degli Abruzzi, sviluppatasi dal colle di Montepagano, e i comuni di Pineto, Tortoreto e Martinsicuro.

Fiero oppositore del fascismo fu lo scrittore pescinese Ignazio Silone, che da esiliato in Svizzera scrisse i primi romanzi con ambientazione abruzzese come Fontamara e Vino e pane. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale le persecuzioni fasciste degli ebrei e dissidenti politici si fecero sistematiche, e vennero aperti nella regione un totale di 15 campi d'internamento di prigionieri come il Campo 78 di Fonte d'Amore a Sulmona e quello della Caserma Rebeggiani a Chieti Scalo.

La seconda guerra mondiale

Con l'armistizio italiano dell'8 settembre, l'Abruzzo, tagliato in due dalla Linea Gustav, venne rapidamente occupato dai tedeschi. Nei giorni seguenti la regione assistette all'episodio della fuga di Vittorio Emanuele III e dei resto del governo. Numerose furono le organizzazioni di resistenza partigiana, spesso di carattere locale, oltre al gruppo maggiore, la Brigata Maiella di Ettore Troilo, che contava 1700 combattenti e che fu in seguito aggregata alle forze alleate, mentre nell'ottobre dello stesso anno alcuni giovani di Lanciano si ribellavano ai nazisti, scatenando una guerriglia. I giovani oggi sono ricordati come i martiri ottobrini. A partire dall'estate del 1943 iniziarono le campagne di bombardamento alleate; particolarmente drammatici furono i ripetuti e distruttivi bombardamenti di Pescara, ma furono colpite anche altre località come Sulmona ed Avezzano. La battaglia del Trigno dell'ottobre 1943, combattuta dai tedeschi e dai militari dell'VIII Armata britannica del generale Bernard Law Montgomery in arrivo da Foggia, diede avvio alla liberazione della regione; ulteriori scontri, con gravi distruzioni nei paesi circostanti, proseguirono con la battaglia del Sangro.


Il culmine dei combattimenti nel settore si raggiunse il 21-27 dicembre '43, nella battaglia di Ortona. La città, capo adriatico della Linea Gustav, subì grandi distruzioni al patrimonio storico edilizio, perdendo il 70% degli edifici costruiti. I combattimenti ed i bombardamenti procedettero ancora per diversi mesi, quando finalmente i tedeschi si ritirarono dalla regione verso nord nell'estate del 1944. Chieti venne liberata dagli alleati il 9 giugno di quell'anno, Pescara il 10 giugno, L'Aquila e Teramo il 13; la guerra, sebbene non coinvolse con la stessa intensità il tutti i vari territori regionali, azzerò tutte le realtà produttive esistenti e recò gravissimi danni ai centri urbani, come nei casi di Ortona, Francavilla al Mare e Pescara, le città più martoriate dai combattimenti che persero gran parte del loro patrimonio storico.

Dal secondo dopoguerra a oggi

La Costituzione italiana del 1948 contemplava l'istituzione della regione Abruzzi e Molise, ma la riforma del 1963 stabilì il distacco del Molise dall'Abruzzo, ed entrambe le regioni divennero poi effettivamente operative a partire dal 1970.

Gli anni della ricostruzione videro un accentuarsi del fenomeno migratorio interno abruzzese: sempre più abitanti dell'entroterra si spostavano verso la costa abruzzese, anche a causa delle diverse congiunture economiche che vivevano i due territori. In particolare iniziava l'accrescimento urbano di Pescara, che diventò dopo il conflitto la città più grande della regione. Nel 1956 una grave frana colpì il centro storico di Vasto, con il crollo di un intero storico rione. L'emigrazione della popolazione abruzzese non era però solo interna, infatti riprese con forte intensità l'emigrazione verso altri paesi europei. La costruzione di diversi insediamenti ed aree industriali nella Val di Sangro, la Val Pescara, la Marsica, l'aquilano ed il vastese negli anni 70 aiutò la regione a risollevarsi economicamente e ad affrancarsi dalla tradizionale economia agricolo-pastorale che fino ad allora fu sempre il principale sostentamento degli abruzzesi. In quegli anni si rimediò anche allo storico isolamento geografico, con la realizzazione delle due grandi arterie autostradali A24 Roma-Teramo e A25 Torano-Pescara che collegano i capoluoghi abruzzesi con la capitale. Dalla fine degli anni '80 nel centro della regione va sempre più saldandosi e strutturandosi una vasta area metropolitana, incentrata su Pescara e Chieti.

Il 6 aprile 2009 un nuovo grave terremoto colpì l'Abruzzo interno, con epicentro all'Aquila. L'evento sismico provocò oltre 300 vittime ed ingenti i danni in tutta la Conca aquilana e zone circostanti. Nel 2012 sono cominciati ufficialmente i lavori di ricostruzione delle zone colpite. Nel 2016 e 2017 l'Abruzzo viene nuovamente colpito dagli eventi sismici del Centro Italia del 2016 e del 2017, con numerosi danni in molti paesi della provincia di Teramo.


Fonte: Wikipedia