Brienza

Brienza è un comune italiano della provincia di Potenza in Basilicata.

L'origine di Brienza è quasi sicuramente longobarda: la radice burg (luogo fortificato), dal toponimo latino Burgentia, suffragherebbe tale ipotesi. Il primo nucleo sembra infatti datare al VII secolo d.C. Il borgo antico si sviluppa soprattutto dopo il 1000, tutto intorno al castello.

Il sacerdote Giuseppe Paternoster (1823-1888), raccontando in uno scritto le vicende del luogo dove era nato, osservava che

«malagevole, per non dire impossibile, si è l'origine del nostro Paese, essendo come quella di tante Città e Paesi del Regno ravvolta nei misteri dell'antichità. Di Brienza non fa menzione scrittore alcuno; né vi sono tradizioni che ci guidano al vero. Il sito però ove trovasi edificato, quello che ora chiamasi antico Paese intorno al Castello, accenna a quel periodo di tempi procellosi, in cui le continue invasioni barbaresche costringevano i Popoli a ridursi in luoghi pressoché inaccessibili, per causare stragi e rapine.»

Secondo Giuseppe Gattini, Brienza veniva "nomata Burgentia e non si sarebbe alieni dal credere possa essere stato un accantonamento di terre burgansatiche ridivenute poi feudali, o semplicemente un borgo.


Il Borgo

Il borgo di Brienza si presenta con un modello ad avvolgimento centripeto avente per fulcro naturale il Castello Caracciolo, posto alla sommità di un colle sui pendii del quale si avviluppano e si divincolano in una miriade di prospettive fasci concentrici di case, abbarbicati precariamente alla roccia scoscesa. Alla fine di via Mario Pagano, dove anticamente era situata una delle porte di accesso, si inerpicano sul poggio due stradine, quella di Santa Maria a sinistra e di San Michele dei Greci a destra.

Sul versante opposto, ove si accede per la "Portella" ancora visibile nella cinta muraria del Castello, brandelli di muri su viottoli ormai quasi del tutto cancellati testimoniano l'esistenza andata di quegli altri rioni che completavano il borgo: la Torricella, san Martino, San Sebastiano, Via Nuova, San Nicola e Santa Elisabetta.

Più giù, verso il fiume, si alza ancora il perimetro dell'antichissima Chiesa di San Martino, probabilmente il primo centro di culto della "Burgentia Fidelis". Domina sulla confluenza di due torrenti (il Pergola e il Fiumicello) la torretta di guardia ("Trucedda" - torretta), all'estremità della cinta muraria che sale fino alla torre circolare del Castello, posta a nord[5].

La villa rustica "Romana"

In località Sant' Elena presso Braide, nel 1984 venne rinvenuta una "villa rustica" risalente al periodo romano repubblicano (I sec. a.C). In seguito a scavi vennero riesumati tre ambienti attigui pavimentati con tessere bianche e nere di piccolo formato (opus signum), con motivi e rombi e a meandri. Dei tre ambienti, il più grande, mostra un probabile sistema di riscaldamento con caldaia ed era quasi sicuramente adibito a cucina. Un secondo dotato di cisterna rivestita di intonaco impermeabilizzante, di forma circolare con un foro centrale per il deflusso dei liquidi a mezzo di una canaletta, rappresentava una importante riserva idrica. Il terzo ambiente è un deposito.

Successivi scavi nella campagna del 1985 hanno permesso di portare alla luce altri ambienti a sud e a est di quelli già scoperti precedentemente. Tre ambienti a sud hanno come pavimentazione un battuto in malta e terra compatta o cocciopesto. A est, in un ambiente più grande furono recuperati reperti costituiti da un coltello in ferro, frammenti bronzei di rivestimento di parti lignee, chiodi e abbondante ceramica a vernice nera e acroma.

Nell 1988 una proiezione archeologica effettuata a mezzo di indagini geofisiche, per tutta l'area circostante la villa indicò la presenza di un'ampia area caratterizzata dalla presenza di attestazioni archeologiche.

Il ritrovamento nella villa di un denario di M. Sergius Silus del 116/115 a.C. ha permesso di stabilire un terminus ante quem non per la distruzione del complesso, che dagli altri reperti ed elementi ritrovati è stato datato I sec. a.C.

Attualmente, lo scavo onde evitare un deterioramento di quanto emerso, è ricoperto. In nessuna area del comune è pubblicamente esposto quanto ritrovato.

Urbanistica

Sul versante opposto del colle è la parte più antica del paese, risalente al VII secolo, abbandonata a seguito del terremoto del 1857, dove è possibile ancora distinguere resti di mura a delimitazione del perimetro della chiesa di S. Martino (o delle Grazie), dell'XI secolo. Di fianco alla torre, posta a guardia dell'estremità del muro di cinta giusto a strapiombo sul torrente Pergola, è la porta detta appunto Torricella, che introduce al rione di S. Michele. A monte dell'abitato è posta la chiesa del SS. Crocifisso risalente, secondo la tradizione, al 1237, sebbene studi più recenti l'abbiano datata a non più di quattro secoli fa. Si tratta di un piccolo edificio ad unica navata che conserva, al suo interno, alcuni affreschi settecenteschi.

Architetture religiose

Chiesa dell'Annunziata

Chiesa a unica navata dalla volta affrescata con l'immagine di Gesù Cristo e dei quattro Evangelisti. Risalente al 1571 e già appartenuta ai Padri Minori Osservanti, è opera di Cafaro Pignoloso di Cava dei Tirreni, attivo pure a Marsico Nuovo, ove eresse il palazzo di don Francesco Santomango. Due altari marmorei laterali furono della famiglia Caracciolo e ne portano lo stemma gentilizio. Sull'altare maggiore è un dipinto su tavola, raffigurante la Deposizione e sui dieci altari laterali le statue dei santi. Fra le opere un pulpito ligneo del 1735, di Antonio la Sala di Potenza, con confessionale sottostante, e un coro a 29 stalli alle spalle dell'altare maggiore.

Chiesa Madre di Santa Maria Assunta

Nelle vicinanze del Castello è la Chiesa Madre dell'Assunta, probabilmente risalente alla fine dell'XI secolo, fortemente rimaneggiata a seguito dei terremoti del 1761 e 1857, quando furono aggiunti l'ampio sagrato e la cripta per la sepoltura del clero. Costruita fra l'XI ed il XII secolo, si presenta con linea sobria. L'interno si presenta diviso in tre navate (ma originariamente potrebbe essere stata una sola), con un altare maggiore bicromo con decori in oro. Nella navata sinistra è posto un secondo altare, del 1729, arricchito da un paliotto a motivi floreali. Di un certo interesse è il coro ligneo a 38 stalli, risalente al 1769, e la cantoria finemente lavorata e arricchita di un organo. 

Chiesa di San Michele dei Greci

La cappella di S. Michele Arcangelo, detta dei Greci perché adibita al rito ortodosso, è ad unica navata, in pietra rettangolare, all'interno contiene un unico altare e un ciclo di bellissimi affreschi di difficile attribuzione.

A monte dell'abitato è posta il Santuario del SS. Crocifisso del Sacro Monte di Brienza risalente, secondo la tradizione, al 1237, sebbene studi più recenti l'abbiano datata a non più di quattro secoli fa. Si tratta di un piccolo edificio ad unica navata che conserva, al suo interno, alcuni affreschi del 1700. Di sicuro impatto per il visitatore è la sua posizione, su un'altura che domina l'intero corso del Melandro, in un'area circondata da boschi che si anima durante le celebrazioni del SS. Crocifisso.

Architetture militari

Assegnata da Federico II a Gentile de Petruro e, successivamente, dagli Angioini ai De Poncellis, dal XV sec. Brienza legò strettamente la sua storia alla famiglia dei Caracciolo che si insediarono stabilmente nel castello, ampliandolo. L'ultimo vero feudatario fu, nel 1700, Litterio Caracciolo che si adoperò molto per il paese: arricchì la rocca di numerose opere d'arte, e rifondò, nel 1788, il “Monte del S.S. Rosario di Brienza”, istituzione benefica che aveva lo scopo di assistere i poveri del luogo, cui forniva medicamenti gratuiti, assicurando quattro maritaggi all'anno. Istituì altresì la Scuola Normale per l'insegnamento ai bambini di ogni ceto sociale.

La rocca era, forse, un'antica fortezza angìoina di cui rimane traccia nel mastio cilindrico, che emerge dalla massiccia mole, e nella semitorre circolare, situata al centro della cinta muraria per interrompere l'uniformità della cortina e assicurare una più efficace difesa: nel Medioevo si presentava protetto, secondo il metodo delle fortificazioni longobarde, con le case addossate le une alle altre, che costituivano una valida difesa da eventuali attacchi nemici. Una scalinata in pietra, a cielo aperto, conduce ad un terrazzo a terrapieno posto davanti all'ingresso principale. Un'antica tradizione attribuisce al castello 365 stanze, una per ogni giorno dell'anno.

I Caracciolo, con alterne vicende, rimasero proprietari del feudo e del castello fino al 1857, anno in cui l'ultima esponente della famiglia, Maria Giulia, lo lasciò in eredità al nipote Luigi Barracco.

Iniziò da questo momento la lenta decadenza del maniero; infatti, alla morte del Barracco, il feudo passò a vari feudatari e amministratori che si disfecero, con una serie di vendite, dei beni rustici lasciando in completo abbandono il castello (fortemente danneggiato dal sisma del 1857). L'ultimo proprietario, il De Luca, lo donò, infine, a Francesco Mastroberti, il quale cominciò a vendere quanto di vendibile rimaneva nell'antica costruzione per mantenere i suoi 18 figli in un paese che non aveva ormai più niente altro da offrire.

Il maniero, che all'inizio dei 1900 era stato dichiarato di interesse storico, subì, in seguito al terremoto del 1980, il crollo della parete est e della parete sud. Attualmente in fase di radicale restauro, sono state portate alla luce e recuperate le originarie pavimentazioni di numerosi ambienti e ritrovate varie statue, in pietra dura locale, poste in Municipio, in attesa di restauro; durante l'estate, Il borgo antico e il castello sono lo scenario e i soggetti principali di numerose manifestazioni e rievocazioni, tra le più importanti della regione, che continuano ad attrarre migliaia di visitatori.


Fonte: Wikipedia