Martinafranca

Martina Franca è un comune italiano di 46.838 abitanti[2] della provincia di Taranto in Puglia.

Centro agricolo, commerciale e industriale noto per l'architettura barocca, sorge sulle propaggini meridionali delle Murge, al confine delle province di Taranto e Brindisi con la città metropolitana di Bari.

Storia

Origini

Uno dei più antichi insediamenti umani è presso Monte Fellone. I ritrovamenti[8] (tra cui frammenti di ceramica impressa, incisa, graffita)[9] della grotta Monte Fellone[10], oggetto di scavi archeologici negli anni sessanta testimoniano la presenza umana dal neolitico[11] al IV secolo d.C.[12]. Nel caso di Monte Fellone, l'allevamento di cavalli risale già al medio neolitico, fenomeno alquanto raro per il Sud Italia e unico in Puglia.[13] Numerose sono le specchie, la più nota delle quali è Specchia Tarantina, in corrispondenza del confine tra i territori messapi e tarantini, con funzione difensiva, di controllo del territorio e di demarcazione territoriale[14].

Dall'alto medioevo all'epoca moderna

Nell'Alto medioevo il territorio è stato sotto l'influenza dei Longobardi alternatisi all'autorità dell'Impero Romano d'Oriente e nel X secolo luogo di difesa contro l'invasione dei Saraceni. I resti di alcuni grandi muri a secco detti paretone potrebbero essere riferibili alla presenza del Limitone dei greci a sud ovest[15]. Nel IX secolo un gruppo di ebrei fuggitivi da Oria, e tra i pochi superstiti della grande comunità ebraica di Oria si aggrega all'insediamento sorto intorno al casale San Salvatore nella Lama del Fullonese.[16].

Le origini di Martina Franca, come borgo, risalgono al X secolo, quando sul Monte di San Martino sorse un piccolo villaggio di profughi tarantini, fuggiti dalle continue devastazioni dei Saraceni, e ai quali si aggiunse successivamente una comunità di pastori. Nel XIII secolo difatti il monte rientra nelle proprietà di Glicerio de Persona (Glicerio de Matino), feudatario di Matino e Tuglie e signore delle Terre di Ceglie del Gualdo, di Mottola, di Soleto e del Casale di San Pietro in Galatina

Glicerio parteggiò per Manfredi di Sicilia figlio di Federico II di Svevia e Re di Sicilia contro gli angioini. Caduto anche Corrado IV di Svevia, l'ultimo degli Svevi, Glicerio si rifugierà a Gallipoli, guidandone la difesa contro l'assedio angioino. Alla caduta della città fu catturato, condotto in carcere nel castello di Brindisi (insieme ai figli Gervasio, Giovanni e Perello) e subì infine il patibolo[17].

Intorno al 1300 Martina Franca fu eletta comune su ordine del Principato di Filippo I d'Angiò. Filippo I concesse Martina a Pietro del Tocco per ricompensarlo dei servigi da lui svolti.

Il territorio all'epoca consisteva in un castello che sorgeva dove adesso sorge il palazzo ducale, e da due miglia di terreno intorno al castello, sottratto dal territorio di Taranto, dall'Università di Monopoli e dall'Università di Ostuni per l'insediamento rurale di massari (in martinese u massèr è un contadino affittuario di terreni e masserizie). Sembra che Filippo d'Angiò avesse concesso anche dei diritti e delle franchigie a chi fosse venuto ad insediarsi a Martina, e per questo fu denominata "Franca".

Tra il 1770 e il 1776 sant'Alfonso Maria de' Liguori tentò più volte[18] di costruire una missione redentorista nel territorio di Martina Franca[19] e scrisse in risposta ad alcune tesi dell'abbate Magli di Martina una piccola operetta: Dichiarazione del sistema intorno alla regola delle azioni morali[20].

Gli ebrei a Martina Franca

Tra XIV e XV secolo si insediò la Comunità ebraica di Martina Franca, sottoposta a tentativi di conversione e a soprusi dai martinesi, difatti il comune di Martina chiese ed ottenne dal re Federico d'Aragona di proibire ai "cristiani novelli", ebrei convertiti, di sporgere denuncia nei confronti dei cittadini di Martina che li avevano saccheggiati e vietò loro sempre su richiesta esplicita dell'università di Martina di vivere in città. La Giudecca di Martina è localizzabile nelle attuali via degli Orfanelli, con l'appendice di via Cappelletti e nel vico Montedoro.

Simboli

Stemma

Filippo I d'Angiò concesse a Martina Franca uno stemma raffigurante un cavallo bianco che corre senza freno per una distesa verde, quale simbolo di libero dominio, ed in onore al Casato dei D'Angiò, vi aggiunse il giglio dorato angioino. L'arma araldica è stata poi riconosciuta nel 1939: Un cavallo bianco senza freno trottante, su prato verdino, foglie di quercia verde, giglio angioino color oro, il tutto sormontato dalla corona turrita della città in campo azzurro.[21][22]

Gonfalone

Il gonfalone è costituito da un drappo azzurro con frangia dorata nella parte inferiore. Riporta al centro lo stemma del Comune, sormontato dalla iscrizione "Città di Martina Franca".[23]

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

Basilica minore di San Martino

Eretta nella seconda metà del Settecento, su iniziativa dell'arciprete Isidoro Chirulli, sul luogo ove sorgeva la precedente collegiata romanica, è un esempio del barocco martinese. Si caratterizza per la maestosa facciata, sulla quale spicca centralmente l'immagine del Patrono che divide il mantello con un mendicante ad Amiens. Nell'interno degni di nota sono l'altare maggiore in marmi policromi del 1773 di scuola napoletana, l'ampio cappellone del Santissimo Sacramento, un presepe opera di Stefano da Putignano e varie tele di Domenico Antonio Carella.Ospita le reliquie di Santa Comasia, che la tradizione vuole martire tra il II e il IV secolo e di Santa Martina.

Nell'aprile del 1998 papa Giovanni Paolo II l'ha elevata alla dignità di basilica minore.

Dal 20 dicembre 2015 all'11 novembre 2016 è stata chiesa giubilare.

La particolarità di questa chiesa consiste nel fatto che nella parte destra ci siano statue, mentre la parte sinistra sia ornata esclusivamente da dipinti. Ci sono anche una statua della Madonna dell'Ausiliatrice e un Gesù Flagellato alla Colonna del 1622.[24]

Altre chiese

Architetture civili

Palazzo Ducale

Iniziato nella seconda metà del Seicento per volontà del duca Petracone Caracciolo, in esso l'elemento rinascimentale si incrocia con il Barocco d'ispirazione leccese e l'impronta architettonica locale. Un tempo residenza dei duchi Caracciolo, è sede del Municipio. Notevoli all'interno le sale dell'Arcadia, del Mito e della Bibbia, che prendono il nome dai cicli di affreschi in esse ospitati, tutte opere del pittore francavillese Domenico Carella che le eseguì nel 1776.

Palazzi signorili

Sono di seguito riportati i palazzi signorili più significativi dal punto di vista storico e artistico di Martina. Ogni palazzo è riportato con la denominazione storica originaria, ossia della famiglia che lo ha fatto costruire e a seguire il nome delle famiglie che nel corso dei secoli sono subentrate per ragioni di eredità o di acquisto dell'immobile.

Palazzetto dello Sport "Pala Wojtyla"

Il Palazzetto dello Sport e Centro Polifunzionale per lo Sport, la Cultura ed il Tempo Libero "Pala Wojtyla" è stato progettato dallo studio di Progettazione Donati D'Elia Associati ed è stato ultimato nel 2004.

L'organismo edilizio, di chiara ispirazione post-moderna, è costituito da tre volumi che si compenetrano: la testata a T, il corpo centrale a forma circolare ospitante l'area polifunzionale con le tribune (1.800 posti a sedere) ed il parallelepipedo che chiude la composizione.

Palazzo dell'Università

Il palazzo dell'Università ha sede in Piazza Plebiscito n. 20, presso la chiesa madre di San Martino.

Villa comunale

Centro storico

L'urbanistica del centro storico martinese si caratterizza per abitazioni sviluppate in senso verticale: i locali al pian terreno, e talvolta parzialmente interrati, erano adibiti a bottega. Al primo piano, invece, si trova la zona giorno, con cucina e sala da pranzo. Di solito era presente anche un camino, che assolveva a una duplice funzione: serviva a cucinare le pietanze e fungeva da stufa, sia per il primo piano sia, grazie alla canna fumaria, anche per i piani superiori.

In questo piano è facile trovare anche un imbocco del pozzo, che a differenza della canna fumaria ha un "camino" che arriva fin sotto la casa, nel luogo in cui è situata la cisterna d'acqua, per lo più di origine piovana. Il pozzo veniva sfruttato anche come un rudimentale frigorifero, in virtù della freschezza garantita dalla pietra calcarea del sottosuolo martinese. Gli alimenti venivano depositati in un secchio di rame o di ferro a fondo piccolo e bocca larga (un mezzo cono capovolto) e fatto adagiare a "pelo d'acqua" nel pozzo. Il secondo piano è la zona notte. Qui c'è la stanza, o le stanze, da letto, generalmente con un balcone o una finestra, che comunica con il tetto della casa.

Il tetto viene sfruttato in vari modi. Generalmente è uno spazio utile per stendere il bucato o anche per imbandire tavolate (alcune case hanno il tetto comunicante e allo stesso livello della casa vicina, spesso senza alcun muro separatore). D'estate i tetti si trasformano in veri essiccatoi naturali: gli anziani vi fanno essiccare fichi, noci, fave e altri alimenti, o "spurgano" la lana e i materassi. La particolarità delle case pugliesi, a differenza del resto della penisola italiana, sta nel fatto che i tetti sono in stile greco, cioè piatti e non spioventi. Questo perché il clima pugliese è molto mite, fresco, senza particolari precipitazioni (è raro vedere la neve alta, come è invece accaduto nel 1985). Le poche spiovenze servono per incanalare l'acqua nelle cisterne calcaree poste nel sottosuolo (chiamate comunemente ù pozz') che erano una fonte di acqua utile, visto la scarsità di quest'ultima nella regione.

Caratteristica importante del centro storico erano le vie strette e piene di "spigoli", vicoli ciechi e le strade nascoste: un vero labirinto urbano. Questo assetto anticamente presentava un duplice vantaggio: in caso di invasione nemica, infatti, era un mezzo per guadagnare tempo durante un'eventuale fuga, o per tendere imboscate ai nemici sfruttando vicoli ciechi e vie "nascoste" o poco visibili.

Vie del centro storico

Le vie di Martina presentano una particolare depressione al centro della strada, a differenza delle altre strade moderne che hanno invece il manto stradale a "schiena d'asino". Da un punto di vista architettonico il centro storico è per lo più in stile barocco e rococò, ben visibile nelle chiese (ad esempio la già Collegiata, ora basilica, di San Martino). Parte dell'attuale pavimentazione è stata rifatta negli anni '80, ma un tempo la differenza del basolato delle stradine indicava la logistica del centro storico. Infatti le strade principali che conducevano alle antiche porte, quindi fuori da centro storico, erano fatte con pietra lavica nera, mentre quelle labirintiche che conducevano verso l'interno erano realizzate con pietre bianche. In alcuni lembi delle stradine si riscontra ancora questa differenza cromatica.

Aree naturali

La Valle d'Itria e i trulli

La Valle d'Itria è una ricchezza artistica e naturale per il territorio di Martina Franca ed è per questo anche la meta principale dei turisti. Da ricordare sono i caratteristici muretti a secco, i trulli (in martinese casedde), costruiti durante i periodi di civilizzazione contadina fuori dalla zona urbana, a differenza di quanto avviene ad Alberobello, dove sono situati all'interno del paese.

Negli ultimi quarant'anni l'abusivismo edilizio ha cancellato diverse peculiarità del territorio (come le numerose mulattiere) e ha contribuito alla compromissione della flora e della fauna locale.

Riserva naturale regionale orientata Bosco delle Pianelle

Lungo la strada provinciale n. 581 Martina-Massafra, sorge la riserva naturale regionale orientata Bosco delle Pianelle, istituita dalla Regione Puglia con Legge 23 dicembre 2002, n. 27.

Si tratta di un'area boschiva adagiata lungo i versanti della Gravina delle Pianelle, la cui vegetazione dominante è costituita da lecceta d'alto fusto, macchia mediterranea e querceto (fragno e roverella).