Melfi

Melfi è un comune italiano di 17 108 abitanti[3] della provincia di Potenza in Basilicata.

Costituita da un centro storico di aspetto complessivamente medievale, fu la prima capitale della dominazione normanna nel sud Italia e, nel periodo svevo, uno dei luoghi di residenza di Federico II, in cui promulgò il codice legislativo del regno di Sicilia, comunemente noto come Costituzioni di Melfi. In epoca aragonese, divenne feudo di Andrea Doria, insignito del titolo di principe di Melfi, che fu mantenuto dai suoi eredi fino al 2000. Successivamente, la città conobbe un inesorabile declino divenendo teatro di conflitti nel periodo del brigantaggio e luogo di confino per gli antifascisti.

Oggi la città è un importante centro industriale ed è sede di diverse imprese. Il polo di San Nicola di Melfi, sorto nei primi anni novanta, è particolarmente noto per uno stabilimento automobilistico della multinazionale Stellantis, in passato del gruppo FIAT.

Origini del nome

Le origini del nome di Melfi deriverebbero dal piccolo fiume Melpes,[13] citato dallo scrittore e naturalista latino Plinio il Vecchio, che a onor del vero lo colloca in prossimità di Capo Palinuro, a sua volta distante centomila passi da Reggio Calabria. In Naturalis historia si legge: «…promunturium Palinurum, a quo sinu recedente traiectus ad Columnam Regiam C m. p. - proximum autem flumen Melphes…».

Storia

Origini

La fondazione di Melfi (sebbene abitata da epoche remote) è di ignota datazione ed esistono vari pareri discordanti. Giovanni Pontano e Leandro Alberti sostennero che i fondatori fossero greci;[14] il monaco longobardo Erchemperto nelle sue opere attribuì la nascita di Melfi ad alcune famiglie dell'Impero romano,[15] le quali avrebbero inizialmente deciso di trasferirsi nella Bisanzio ricostruita da Costantino il Grande. Ma, a causa di un violento nubifragio nei pressi della Schiavonia, si sarebbero fermate a Ragusa (Croazia), da dove furono scacciate, per cui sarebbero infine tornate sulle coste italiane e, insediandosi nell'area del Vulture, avrebbero fondato Melfi.[16] Però, per l'insicurezza dalle orde di barbari e le loro scorrerie, continuarono nel loro pellegrinaggio, e fondarono Amalfi (alcuni ritengono che dal nome di Melfi deriverebbe quello della città campana).[17]

Esiste un'altra teoria che ne data la fondazione ai primi anni dell'XI secolo, ad opera del generale bizantino Basilio Boioannes (catapano d'Italia dal 1017 al 1027), poiché non esistono prove documentali dell'esistenza della città in tempi precedenti.[18] Né risulta, con le vicine Rapolla e Venosa, nell'elenco delle città daune nominate da Plinio il Vecchio nel 70 d.C. circa.

Dall'antichità ai Normanni

I primi centri abitati, situati nella frazione Leonessa e resti di una mastodontica necropoli trovati in località Toppo d'Avuzzo a Rapolla attestano che l'area del melfese era abitata sin dai tempi del neolitico;[13] Dauni e Lucani furono tra le prime civiltà a insediarsi nel suo territorio.[13] In epoca romana, l'abitato era in secondo piano rispetto ad altre località limitrofe come Venusia (l'attuale Venosa),[13] dato che quest'ultima, trovandosi, assieme a Strapellum (l'attuale Rapolla), in un punto strategico della via Appia, fu un importante centro di scambi commerciali.

Con la caduta dell'Impero Romano, la zona, occupata dai Bizantini e poi dai Longobardi, iniziò ad acquistare maggior importanza, ma fu con l'avvento dei Normanni che iniziò ad assumere un ruolo fondamentale. Nel 1042, Guglielmo Braccio di Ferro e gli altri membri della famiglia Altavilla ottennero dal duca longobardo Guaimario IV di Salerno il riconoscimento ufficiale della conquista della città, diventando in cambio suoi vassalli, e partirono da Melfi per mettere sotto il proprio dominio l'intero meridione d'Italia.[19]

A Melfi, sede della contea di Puglia, si tennero cinque concili, organizzati da cinque diversi Pontefici tra il 1059 e il 1137. Nel I concilio del 1059, il papa Niccolò II riconobbe i possedimenti conquistati dai Normanni e nominò Roberto il Guiscardo duca di Puglia e Calabria,[20] che divenne vassallo della Chiesa. La città stava passando un momento fulgido della sua storia, e in tale circostanza diventava la capitale del ducato di Puglia e Calabria nel 1059.[21]

Melfi, nonostante dovette presto cedere il titolo di capitale a Salerno, continuò a essere un centro piuttosto importante dell'impero normanno. La città fu luogo di organizzazione di altri sinodi. Il papa Alessandro II dal primo agosto 1067 presiedette il concilio di Melfi II; ricevette il principe longobardo di Salerno, Gisulfo II, e i fratelli Roberto il Guiscardo e Ruggero Altavilla. Nel corso del concilio di Melfi III, del 1089, il papa Urbano II indisse la prima Crociata in Terra Santa,[22]poi Pasquale II nell'1101 convocò il concilio di Melfi IV e infine Innocenzo II nel 1137 celebrò il concilio di Melfi V, ultimo della serie.

L'Italia meridionale dopo l'anno mille: dalla contesa tra Longobardi e Bizantini all'unificazione realizzata dai Normanni

Dagli Svevi agli Aragonesi

Ai Normanni si sostituirono gli Svevi di Federico II Hohenstaufen, che portò Melfi e il suo castello a nuovi splendori.[23] L'imperatore scelse la città come residenza estiva e qui (ma anche nelle località di Lagopesole, Palazzo San Gervasio e, secondo alcune fonti, anche Monticchio)[24][25] trascorse i suoi momenti di svago, dato che prediligeva le foreste del Monte Vulture per praticare la falconeria (la caccia col falcone), il suo hobby preferito.

Il sovrano svevo promulgò dal castello le Costituzioni di Melfi (o Constitutiones Augustales), codice unico di leggi per l'intero regno di Sicilia, opera fondamentale nella storia del diritto, le cui caratteristiche sono considerate "moderne" da molti storici.[26] Agli Svevi succedettero gli Angioini, e per Melfi iniziò il declino, sebbene Carlo II d'Angiò fece ristrutturare e ampliare massicciamente il castello.[23] Gli Angioini vennero spodestati dagli Aragonesi, che divennero i nuovi dominatori di Melfi.

Poco più di due secoli dopo, quando Melfi era da tempo sotto il dominio spagnolo, l'esercito francese guidato da Pietro Navarro e Odet de Foix causò uno degli avvenimenti più truculenti della storia della città. Infatti, tra il 22 e il 23 marzo 1528, avvenne il cosiddetto assedio di Melfi, passato alla storia come "La Pasqua di sangue", ove la città venne saccheggiata, bruciata e gran parte della popolazione venne sterminata, le cui cifre approssimate si aggirano tra le 3.000 e le oltre 4.000 persone uccise[27][28] L'offensiva francese venne sradicata dal re di Spagna Carlo V, che riconquistò Melfi nel 1531, ma la città, ormai ridotta in macerie, fu abbandonata per mesi. Con l'emissione di due editti da parte del sovrano, Melfi venne ripopolata da persone provenienti dagli abitati limitrofi e da una colonia di albanesi; inoltre fu conferita del titolo di "fedelissima" ed esentata dal pagamento dei tributi per 12 anni.[29]

Dal Cinquecento a oggi

In un periodo tormentato dalla lotta fra angioini e aragonesi, interessante appare la descrizione delle terre fortificate e pronte a subire assedi, tra cui Melfi che:

«Tiene un grande castillo con nueve torres sobre la ciudad y ella està cercada de muro de piedra bueno y guerre con due turriones; es de grande importancia y qualidad [...][30]»

Dal 1531 la città fu governata dalla famiglia dei Doria di Genova, sotto la sovranità delle dinastie reali spagnole degli Asburgo e dei Borbone; furono secoli di declino durante i quali avvennero varie insurrezioni sociali, come nel 1728 contro la gabella della farina e nel 1831 per la quotizzazione delle terre demaniali. Il 10 settembre 1656 si diffuse un focolaio di peste, che provocò oltre 500 morti in un semestre. Nel 1742, durante il regno di Carlo di Borbone, l'influente giurista Bernardo Tanucci, dopo la spedizione navale britannica contro Napoli di quell'anno, constatata la vulnerabiltà della città partenopea agli attacchi dal mare, propose invano di spostare la capitale del regno a Melfi.[31]

Proclamata l'effimera Repubblica Napoletana (1799), a Melfi fu piantato l'albero della libertà e la città fu controllata dai giacobini fino all'arrivo dell'esercito sanfedista del cardinale Ruffo, il 29 maggio dello stesso anno. Ruffo riuscì ad impedire il saccheggio della città, anche se numerosi prigionieri perirono nelle prigioni melfitane, non si conosce se per malattia o per maltrattamenti.[32]

Un violento terremoto distrusse buona parte dell'abitato nel 1851, uccidendo un gran numero di persone. Poco dopo l'unità d'Italia, la città, coinvolta nel brigantaggio, subì l'occupazione dell'armata di Carmine Crocco nel mese di aprile 1861,[33] ove si fecero notare i briganti Domenico "Malacarne" Zappella e Michele Schirò.[34] Saccheggiata la città, Crocco destituì le autorità liberali e proclamò un governo in nome di Francesco II. L'occupazione della città destò preoccupazione da parte del regno italiano, tant'è che Giuseppe Garibaldi citò il "governo provvisorio a Melfi" durante una discussione parlamentare.[35] Più tardi la città fu teatro di condanne a morte per i briganti Giuseppe Schiavone, Giuseppe Petrelli e Aniello Rendina, giustiziati il 28 novembre 1864 dai bersaglieri sabaudi.[36]

Il 19 luglio 1868, la città diede i natali a Francesco Saverio Nitti, presidente del consiglio e ministro, nonché uno dei maggiori fautori del meridionalismo, assieme a Giustino Fortunato. In era fascista, Melfi, come altri luoghi della Basilicata, fu terra di confino e tra i personaggi costretti al soggiorno obbligato vi furono antifascisti come Manlio Rossi-Doria, Franco Venturi, Ada Rossi, Eugenio Colorni e sua moglie Ursula Hirschmann.

La città fu devastata dal terremoto del Vulture nel 1930, che rese Melfi il comune dell'area maggiormente danneggiato,[37] e subì forti flussi migratori verso il nord Italia e il nord Europa. Durante la seconda guerra mondiale fu bombardata dalle flotte alleate, per la precisione il 26 settembre 1943, nel bombardamento ad opera del 12th NATBF e DAF, che colpì Benevento, Melfi, Foggia, Pomigliano e Sarno; nell'occasione si registrarono numerose vittime tra i civili. 

Nel 1980 fu di nuovo gravemente colpita dal terremoto dell'Irpinia che interessò gran parte del meridione.

Iniziò a vedere una certa ripresa agli albori degli anni novanta, con l'impianto degli stabilimenti FIAT e Barilla presso la zona industriale di San Nicola di Melfi.

Simboli

Blasonatura stemma

«Scudo di foggia sannitica con campo d'oro recante al centro Basilisco verde con lingua rossa sostenuto dalla vetta centrale di un monte di tre cime color verde con contorno nero, sormontato da corona con torri d'oro e circondato da due rami di alloro e di quercia legati in basso da un nastrino tricolore al centro[38]»

Blasonatura gonfalone

«Drappo "partito" di giallo e di verde, riccamente ornato di ricami d'oro e caricato dello Stemma civico sormontato dall'iscrizione, convessa verso l'alto, pure in oro, "Città di Melfi"[38]»

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

Cattedrale di Santa Maria Assunta

Progettata da Noslo di Remerio, iniziò ad essere costruita nel 1076 per volere di Roberto il Guiscardo, sebbene altre fonti attestano la data d'inizio nel 1153, sotto l'ordine di Guglielmo I di Sicilia.[39] Del suo passato normanno è rimasto ben poco per via dei terremoti e dei ripetuti restauri che hanno reso il suo attuale aspetto prettamente barocco, a eccezione del campanile, eretto nel 1153 per ordine di Ruggero II, il quale conserva ancora uno stile romanico normanno. L'interno ha pianta a croce latina e tre navate, sormontate da un soffitto a cassettoni dorati e da una cupola di forma piramidale a otto facce[40].

Chiesa di Sant'Antonio

La costruzione avvenne nel 1423 e i restauri dopo il 1851. Fu gravemente danneggiata dall'esercito di Odet de Foix nel 1528, durante l'assedio di Melfi e resistette ai terremoti del 1731 e del 1752, ma quello del 1851 la danneggiò seriamente. Dal XVII al XVIII secolo, la chiesa viene dedicata a Sant'Antonio. Di stile romanico e gotico, conserva affreschi dell'epoca, una statua lignea di Sant'Antonio con Bambino dipinto in oro e un dipinto di Carlo Sellitto raffigurante Le Anime del Purgatorio. Durante le opere di restauro furono scoperti due archi in stile gotico, ove sull'arco trionfale è scolpita la data di ricostruzione (1523), a seguito del sisma del XV secol

Chiesa di Sant'Anna e Santa Maria del Suffragio

Edificata nel 1934, la chiesa appartenente alla parrocchia Cattedrale è conosciuta come organizzatrice della processione del venerdì Santo, dove insieme alle immagini sacre della Madonna Addolorata e Gesù Morto, sfilano bambine vestite di nero con in mano i misteri della Passione di Gesù. Tale chiesa organizza anche la processione di Sant'Anna il 26 luglio.

Chiesa della Madonna del Carmelo (Carmine)

Un tempo era parte del Convento dei carmelitani, che occupava buona parte degli stabili circostanti. L'originaria porta in legno (oggi conservata nel Palazzo del Vescovado) presenta immagini che riassumono il tipico esempio della concezione medioevale della morte. La confraternita di questa chiesa (insieme a quella di S. Anna) cura i riti della settimana Santa con l'esecuzione di mesti canti riguardanti la tragedia del Golgota.

Chiesa di San Teodoro

La data di costruzione è ignota sebbene antica, si è a conoscenza solamente che nel 1040 fu elevata a parrocchia dal vescovo Monsignor Baldovino, fino all'anno 1988, quando l'allora vescovo Mons. Cozzi accorpò la chiesa alla Cattedrale. Nell'edificio era conservato un vasetto di legno che conteneva le reliquie di San Teodoro M., di San Sebastiano e San Petronilla ma, dopo il sisma del 1980, questa testimonianza è andata perduta. Vi si trova un crocifisso in legno di medie dimensioni e una statua della "Madonna Desolata".

Chiesa di San Lorenzo

Risalente al 1120, a quel tempo appartenente all'Abbazia di Sant'Ippolito di Monticchio Laghi, è probabilmente l'edificio più antico di Melfi, e consiste in un battistero ottagonale affiancato da un campanile ammezzato.

Chiesa rupestre di Santa Margherita

Altre chiese rupestri:

Altre chiese

Architetture civili

Piazze e Rioni

Palazzi

«IN QUESTA ANTICA CAPITALE DEL REAME DI PUGLIA / ILLUSTRE PER ARMI INDUSTRIA E FREQUENZA DI POPOLO / CARA A FEDERICO II DI SVEVIA / ITALIANO PER NASCITA GENIO ARDORE DI LOTTE / CHE NE RINNOVÒ I BALUARDI E LA CINTA / FURONO NEL MCCXXXI PROMULGATE LE COSTITUZIONI / PRIMO FONDAMENTO DELLO STATO LIBERALE / PROFETIZZATO POI DA DANTE / E PRIMI LINEAMENTI DEL DIRITTO DELLE GENTI / NEL SESTO CENTENARIO DEL DIVIN POETA / POPOLO E COMUNE CELEBRARONO LE LORO MEMORIE / IL TRIONFO DEL DIRITTO E IL PENSIERO DEL VATE / RICONGIUNGENDOLI IN UN SOLO RICORDO / E NEI NOMI DEI DUE GRANDI SPIRITI / UNITI GIÀ NEL POEMA NEL CONVIVIO E NEL VOLGARE ELOQUIO»

Fontane

Architetture militari

Castello

Edificato dai normanni, è uno dei più noti della Basilicata e uno dei castelli medievali più rappresentativi del meridione. Roberto il Guiscardo vi confinò la prima moglie Alberada, ripudiata per sposare Sichelgaita di Salerno. Federico II promulgò qui le Costituzioni di Melfi. Con l'avvento degli angioini il castello subì radicali restaurazioni e fu nominato nel 1284 residenza ufficiale della moglie di Carlo II d'Angiò, Maria d'Ungheria.[44] Gli Aragonesi affidarono il castello prima alla famiglia Caracciolo e poi al principe Andrea Doria, i cui discendenti lo mantennero fino al 1950.[45]

Cinta Muraria

Il centro storico di Melfi è interamente circondato da mura turrite costruite per lo più dai Normanni che si estendono per oltre quattro chilometri.[46] Il circuito segue l'orlo del pianoro su cui fu costruita la città, cinto da ogni parte da scoscendimenti, a tratti da veri e propri precipizi. L'opera costituisce un raro esempio di fortificazione nel sud Italia.[47] Le fasi costruttive della cinta muraria appartengono al periodo bizantino, normanno, svevo e aragonese. Gli ultimi ad apportare modifiche strutturali furono Niccolò Acciaiuoli nel trecento e Sergianni II Giovanni Caracciolo, 2º Duca di Melfi, nel quattrocento, a cui risale la sistemazione attuale, per difendere la città dalle artiglierie nemiche. Assedi e terremoti hanno reso necessari continui restauri e il sisma del 1930 ne ha seriamente compromesso la struttura.

Porte


Lingue e dialetti

La parlata locale, parte integrante dei dialetti italiani meridionali, è fortemente influenzata dalla lingua francese e spagnola, con alcuni elementi greci e albanesi.[51] Similmente al francese, in genere la “e” finale di parola non accentata, è muta; la “u” in molte parole si pronuncia “iu” e in altri diversi casi con il dittongo inverso. Alcune parole hanno forti similarità con la lingua transalpina esempi: sedia e nebbia corrispondono, rispettivamente, a segge e neglie in melfitano, siègee neige in francese, ma v. anche seggio, seggiola in italiano, in cui l'autoctona palatalizzazione /dj/ > /dӡ/ è del tutto normale, ed è da notare che la forma neglie con /ʎʎ/ non può derivare dal francese neige, con /ӡ/.[51] Sono avvertibili anche influenze spagnole, come la consonante “b” che in genere si trasforma in “v” e altre volte nella labiale sorda “p”. In spagnolo invece, /b/ non diventa mai /v/, visto che l'esito storico dei fonemi /b/ e /v/ è un unico fonema /b/; inoltre la desonorizzazione /b/ > /p/ è sconosciuta allo spagnolo.[51] La parola abbuscà ("guadagnare" oppure "essere picchiati", a seconda del contesto della frase) deriva dallo spagnolo buscar, come anche l'italiano buscare. Il dialetto locale comprende anche alcuni termini di origine latina come cràje (domani), che deriva dalla parola cras; accattà (comprare) da accaptare. Infatti, il dialetto essendo una lingua romanza, quasi tutto il lessico deriva direttamente dal latino. Il dialetto rivela anche il tipo di vita del cittadino del passato, piuttosto chiusa come costume, protetta dall'istituzione famiglia, dove il tempo uomo veniva solo prestato all'esterno, per motivi di lavoro e sopravvivenza: per esempio, per chiedere "come ti chiami?" si usa la forma dialettale “a chi appartìn?" (a chi appartieni).

Di seguito alcuni detti melfitani[51]

Istituzioni, enti e associazioni

Religione

La città fa parte della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, suffraganea dell'arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo. La diocesi (a quel tempo solo di Melfi) fu fondata nell'XI secolo,[52] con il nome di Dioecesis Melphiensis, ad opera di papa Niccolò II che la rese direttamente soggetta alla Santa Sede. Fu presieduta da vari vescovi come Francesco Monaldeschi, Alessandro da Sant'Elpidio e Juan de Borja Llançol de Romaní. Nel 1528, Clemente VII unì la diocesi di Melfi con quella di Rapolla e secoli dopo, il 30 settembre 1986, si aggiunse anche quella di Venosa,[53] formandone l'attuale comunità religiosa, al giorno d'oggi retta dal vescovo Mons. Ciro Fanelli.

Tradizioni e folclore

Ancora nel ventunesimo secolo vive nel folclore melfitano la leggenda della eroica quanto vana impresa di Giovan Battista Cerone (detto Ronca Battista), un boscaiolo che mostrò grande eroismo in battaglia durante lo scontro tra i francesi e gli spagnoli nel cinquecento. Si narra che Ronca Battista, dopo aver aiutato una donna anziana, ricevette da lei un potere magico alla sua roncola.[28] Durante il conflitto tra francesi e spagnoli, Ronca Battista affrontò da solo le truppe francesi che tentarono di introdursi nella città.[54] Il boscaiolo riuscì da solo a tener testa agli invasori, uccidendo oltre 300 francesi, prima di perdere la vita.[55] Gli invasori attuarono una feroce rappresaglia, ove neanche bambini e anziani furono risparmiati.[28]

Cultura

Istruzione

Biblioteche

La città è dotata di un sistema bibliotecario, presso il centro Nitti, composto dalle raccolte di diversi enti proprietari:

Scuole

Musei

Entrata del Museo

Media

Radio

Teatro

Il teatro Ruggero II deve il suo nome al sovrano normanno Ruggero II di Sicilia ed è situato in via Vittorio Emanuele II (un tempo denominata "Rua Grande"). I lavori di costruzione iniziarono il 1º aprile 1856,[61]sui ruderi di una casa popolare, e negli ultimi anni sono stati effettuati massicci restauri. La struttura offre varie stagioni teatrali, convegni politici e iniziative socio-culturali.

Cinema

Melfi è stata scelta come ambientazione dei seguenti film e miniserie televisive:

Musica

È degna di menzione l'"Associazione Musicale Città di Melfi", la banda musicale che sotto altri nomi e altre direzioni artistiche operò a Melfi già alla fine dell'Ottocento, e che attualmente è sempre presente nelle manifestazioni civili, religiose, patriottiche, folcloristiche e sociali della città.[72]

Cucina

La cucina melfitana ha fatto virtù della passata ristretta disponibilità di prodotti agroalimentari, a causa delle tipologie di coltivazioni collinari e dei climi temperati freddi. Le ricette si possono senz'altro considerare parte della cosiddetta dieta mediterranea e cucina popolare. Il consumo di carne e pesce è piuttosto moderato. La maccuarnàr, nome dialettale della maccaronara, è il piatto per eccellenza di Melfi,[73] fatto con un tipo di pasta fresca preparata con un mattarello in metallo con lame affilate che consente di ottenere maccheroni con una tipica sezione quadrata. Si condisce con sugo di coniglio o maiale. Un altro primo piatto tipico sono lagane e noci, un formato di pasta simile alle tagliatelle ma più corto e largo con l'aggiunta di pomodoro e peperoncino.[74]

Tra gli altri piatti vi sono il pancotto, che nella versione locale viene preparato con aglio, rape e peperoni cruschi; le cicerchie con crostini di pane e cipolla; e u' cunzaridd, contorno a base di pomodori gialli, peperoni cruschi, acciughe e sponsali. Dolci tradizionali melfitani sono i calzoncelli, localmente detti cauzuncidd, piccoli ravioli cotti al forno, preparati con una sfoglia di farina di grano duro, uova, olio ed, in alcune versioni, vino bianco. Ingredienti per il ripieno sono ceci, castagne, mandorle e cioccolato fondente e possono essere accompagnati con del vincotto.[74]

Eventi

Fonte: Wikipedia