Trani 

Trani è un comune italiano, capoluogo, insieme a Barletta e Andria, della provincia di Barletta-Andria-Trani in Puglia, si affaccia sul Mare Adriatico.

Nel corso del medioevo fu un rilevante centro urbano e scalo commerciale sull'Adriatico; si pensa vi sia stato promulgato il primo codice marittimo del mondo occidentale, gli Ordinamenta et consuetudo maris, nel 1063.

È sede di tribunale e di sezione di Archivio di Stato. Trani è stata sede della Regia Udienza provinciale per più di due secoli, dal 1586 al 1806, con funzioni di capoluogo e di principale centro amministrativo e giudiziario per l'antica provincia di Terra di Bari; successivamente divenne sede della Corte d'Appello delle Puglie.

Le origini

Alcuni ritrovamenti archeologici consistenti in tracce di insediamenti abitativi dell'Età del bronzo sul promontorio di Capo Colonna attestano le origini preistoriche della presenza umana nel territorio. Sono stati rinvenuti resti di capanne circolari e rettangolari, rispettivamente dell'età del bronzo e del bronzo finale, documentati dolia in argilla decorata con scanalature e segnalata ceramica micenea.[21]

Per la genesi e lo sviluppo dell'attuale abitato, le caratteristiche del territorio dovettero essere condizioni favorevoli allo sviluppo di un insediamento: la presenza del porto di origine naturale, in una conca posta in posizione rientrata rispetto alla linea di costa, formata dall'azione erosiva di un antico torrente ricordato in antichi documenti come flumicellus determinava un approdo agevole e sicuro per le antiche imbarcazioni; inoltre il clima mite e l'abbondanza di importanti risorse quali il mare pescoso, il terreno fertile, e la pietra calcarea, favorirono lo sviluppo dei primi stanziamenti.[22]

L'età romana e tardoantica

Le tracce più concrete di un insediamento urbano nel sito della città attuale rimandano a periodi non precedenti all'arrivo dei Romani. Trani fu indicata con il nome di Turenum nella Tavola Peutingeriana, la copia medievale di uno stradario dell'antica Roma.

Sotto i romani, ai tempi dell'imperatore Marco Aurelio, Trani era un Municipio, come si rileva da un'antica iscrizione presente nel cortile di Palazzo Beltrani:

L'ultimo rigo dell'iscrizione riporta: Publico Decurionum Decreto. Dunque Turenum, oggi Trani, era un Municipio in quanto aveva il Collegio dei Decurioni.

Testimonianze della presenza romana nel territorio di Turenum sono: un mausoleo appartenuto alla famiglia dei Bebii, costruito presumibilmente nel III secolo d.C. nei pressi del flumicellus e demolito nella seconda metà del XIX secolo; i muri in opus reticolatum quali arginatura di un torrente che sfociava nell'insenatura del porto, i cui resti vennero utilizzati in seguito come fondamenta per il sottopassaggio ferroviario di via Torrente Antico; la scultura litica di un leone attualmente posta sul sagrato della chiesa di Sant'Agostino; due epigrafi risalenti all'epoca degli imperatori Marco Aurelio e Costante, ora presenti rispettivamente in palazzo Beltrani e nella chiesa di Sant'Andrea; le rovine di una villa recentemente ritrovata lungo il tratto di costa verso Bisceglie, riconducibili al I secolo d.C.[23]

Trani fu sede di diocesi già in età tardoantica, il vescovo Eutichio appose la propria firma al Concilio Romano del 501 e a questo periodo appartengono i resti di un edificio di culto rinvenuto sotto il piano della cripta longitudinale della Cattedrale romanica.[24]

Il Medioevo

«Trani era uno dei più importanti porti della Puglia, da sempre crocevia di popoli e culture del Mediterraneo e porta per l'Oriente, testimone con le sue chiese, con i suoi palazzi e con la sua storia, di quell'età di mezzo, da sempre ricca di fascino e di mistero.»

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente iniziò in Puglia il periodo bizantino, caratterizzato da una pausa di dominazione longobarda e dalle minacce continue provenienti dal mare ad opera dei Saraceni. Fu comunque il Medioevo il periodo d'oro della città.

Le evidenze storiche ed archeologiche divengono più rilevanti a partire dal IX secolo d.C. Sotto la dominazione longobarda Trani fu sede di un gastaldato e qui fu trasferita la sede vescovile, fino ad allora situata a Canosa, distrutta dai Saraceni nell'813. In seguito alla caduta dell'Emirato di Bari, i Bizantini ripresero il controllo di Trani, che da semplice vicus era ormai diventata una città fortificata, la città era infatti dotata di una cinta muraria con quattro porte, Porta Aurea o Antica, Porta Nova, Porta Vetere e Porta Vassalla. Inoltre, secondo il Diacono Paolo, nel periodo in cui Bari fu in mano ai saraceni, e fino alla sua liberazione, la città di Trani divenne anche sede dello Stratego, massimo rappresentante dei bizantini nel sud Italia. È attribuito a questo periodo un importante sviluppo del porto di Trani.

Durante il periodo di appartenenza all'Impero Bizantino la città godeva di un certo grado di prestigio ed autonomia come punto di incontro tra Oriente ed Occidente. Nel 1010 e nel 1018 Trani si unirà ai moti guidati da Melo di Bari contro i Bizantini, che reprimeranno la rivolta e riprenderanno il controllo della città fino all'arrivo dei Normanni.

Nel 1042 Trani venne scelta come sede di una delle dodici baronie in cui venne divisa la Contea di Puglia: assegnata al conte Pietro, venne espugnata solo diversi anni dopo. In questo periodo la città godette di un certo grado di autonomia, dovuto al controllo ormai formale da parte dei governatori bizantini e alle lotte di potere tra i diversi rami della famiglia Altavilla.

Trani cadde definitivamente sotto il dominio normanno nel 1073, dopo 50 giorni di assedio, per mano di Roberto il Guiscardo.

Fu in questo periodo, corrispondente alla prima crociata, precisamente nel 1099, che nella città si iniziarono i lavori per la costruzione della cattedrale in onore del santo patrono san Nicola pellegrino, un giovane greco in viaggio verso Roma che morì a Trani, dopo diversi giorni di malattia ed alcuni miracoli, e canonizzato subito dopo a furor di popolo. Già allora aveva grande importanza il porto, che sarà in seguito punto di partenza e di ritorno di diverse crociate.

Il primato commerciale e gli Ordinamenta et consuetudo maris

Sotto il dominio normanno la città di Trani godette, insieme alle altre comunità pugliesi, di una maggiore autonomia rispetto al centralismo del governo Bizantino. I tranesi si unirono alle frequenti ribellioni contro i sovrani d'Altavilla, venendo però sconfitti sia da Ruggero II nel 1134 che, definitivamente, dal suo successore, Guglielmo il Malo, che nel 1156 punì duramente la città insieme alle altre ribelli pugliesi, tra cui Bari che venne quasi completamente distrutta.

In città fiorì il commercio di frumento e di olio, destinato ai porti di tutto l'Adriatico, in particolar modo verso la costa dalmata e Venezia. A testimonianza della prosperità economica raggiunta tra l'XI e il XII secolo vi sono la costruzione della maestosa Cattedrale e la promulgazione degli Ordinamenta Maris nel 1063, secondo la datazione tradizionale, i quali rappresenterebbero il primo esempio di codice marittimo nel Mediterraneo.

Il porto, la cui naturale insenatura lo rendeva un punto d'approdo strategico per la protezione delle navi, divenne uno dei principali punti d'imbarco per i crociati in partenza verso la Terrasanta. La città era sede di un "ospitale" dei cavalieri Templari, con annessi l'imbarcadero e la pregevole chiesa.

Durante la Settimana Santa del 1195, Enrico VI, padre di Federico II, annunciò trionfalmente, da Trani, la crociata.[27]

Un importante documento che riguarda l'assetto di Trani e della sua Arcidiocesi nel XII secolo è la Bolla “Dignitatem ecclesiis”, privilegio di papa Callisto II del 6 novembre 1120 diretto all'Arcivescovo di Trani Bisanzio II; questo testimonia, inoltre, l'esistenza in tale data del Monastero di Santa Maria del Monte, presso il quale sarà costruito nel secolo successivo Castel del Monte[28], e la sua appartenenza alla Città ed all'Arcidiocesi di Trani[29]. Questi contenuti furono confermati, pressoché ripetendo anche la forma del testo, in altre successive bolle pontificie susseguitesi per tutto l'arco del XII secolo[30]. Dal testo della bolla:

«Per presentis igitur privilegii paginam tibi tuisque successoribus in perpetuum confirmamus quicquid dignitatis et quicquid parochiarum ad Tranensis archiepiscopatus ecclesiam cognoscitur pertinere, urbem videlicet Tranensem, Coratum, Andrem, Barulum, Vigilias cum omnibus pertinentiis suis et ecclesiis constructis intus et foris; monasterium Sanctae Mariae de Monte, quod in territorio Tranensis civitatis situm est, cum aliis monasteriis et ecclesiis ad predicta loca pertinentibus, et quaecunque alia ad vestram ecclesiam juste atque canonice pertinere noscuntur.»

«Con lo scritto del nostro presente privilegio, quindi, confermiamo in perpetuo a te e ai tuoi successori qualunque titolo e qualunque parrocchia si sappia appartenere alla chiesa dell'arcivescovado di Trani, vale a dire in relazione alle città di Trani, Corato, Andria, Barletta, Bisceglie, con tutte le loro pertinenze e chiese costruite dentro e fuori; Il monastero di Santa Maria del Monte, che si trova nel territorio della città di Trani, con altri monasteri e chiese appartenenti ai suddetti luoghi, e quant'altro sia noto appartenere legittimamente e regolarmente alla vostra chiesa.»

(Fonte bibliogr.: da Ms. *original aux Archives du chapitre de Trani. - Éd. Prologo, Le carte che si conservano nello archivio del capitolo metropolitano della città di Trani (dal IX secolo fino all’anno 1266), p. 72. - Cat. Philippus Jaffé-S.Loewenfeld, in " Regesta pontificum romanorum : ab condita ecclesia ad annum post Christum natum MCXCVIII", Tomus I, Lipsiae, 1885, n° 6866, p.797" - nella pagina web Documenti: Bolla del 1120 di Callisto II 


Federico II

Nel XIII secolo la popolazione di Trani è valutata, secondo l'uso del censimento in base ai "fuochi" sull'ordine di circa 12-13mila abitanti, mentre, nello stesso periodo, la popolazione di Bari doveva contare circa 10-11 mila abitanti: fra le città in Occidente del periodo, tali dimensioni stavano a connotare un centro urbano di dimensioni medio-grandi. Trani potrebbe essere arrivata a questo sviluppo dopo che Canosa fu distrutta dagli attacchi saraceni, e a partire da quel momento, con il passaggio dalla dominazione bizantina a quella normanna, cui comunque la città si oppose, e poi anche con gli svevi, angioini ed oltre, Trani ottenne speciali privilegi e benefici per il commercio marittimo.[31]

L'apice della prosperità fu raggiunto con la dominazione sveva: durante il regno di Federico II, con il privilegio del 28 aprile 1215, Trani vide confermarsi ed ampliarsi gli antichi diritti e benefici di cui godeva: la flotta fu potenziata, i cittadini furono esentati dal pagamento delle tasse di ancoraggio per tutte le coste della Puglia; i cittadini furono esonerati dal partecipare a spedizioni militari terrestri, potendo armare in cambio due galee e fu loro garantito il diritto di essere chiamati in giudizio unicamente da giudici tranesi, e soltanto nell'ambito del foro locale; fu conferito il diritto di cittadinanza ai forestieri che si fossero stabiliti in città. Tra le dimostrazioni di liberalità dell'imperatore svevo vi fu la concessione di libertà di culto agli ebrei, che in città formavano una prosperosa comunità.[22][32]

La comunità ebraica

La presenza di un notevole insediamento ebraico contribuì in modo determinante alla prosperità cittadina: la comunità animava infatti i commerci e gli studi e rappresentò per lungo tempo il maggiore insediamento dell'Italia meridionale.

La comunità ebraica di Trani si ingrandì soprattutto grazie alle espulsioni dei loro correligionari dagli altri stati, come la Castiglia nel 1144 e la Francia nel 1182. La distruzione di Bari ad opera di Guglielmo il Malo favorì il trasferimento degli ebrei baresi in Trani, che si apprestava a diventare l'epicentro delle attività commerciali in Puglia.

Gli ebrei si insediarono nella Giudecca, quartiere sito nella parte orientale del borgo antico e collegato al porto: proprio la via che scende al porto è denominata tutt'oggi via Cambio, in memoria dei banchi di cambio della comunità ebraica, oltre che di amalfitani e ravellesi. Nella Giudecca erano presenti quattro sinagoghe, di cui si sono conservate la Sinagoga 'Grande' - poi chiesa di S.Anna ed oggi Museo,Sinagoga Scolanova, Sinagoga di San Leonardo e Sinagoga San Pietro Il Martire. Al di fuori delle Mura Federiciane si trovava Il Cimitero Ebraico. Un importante ritratto della situazione degli ebrei in città lo offre Beniamino di Tudela, che facendo tappa a Trani (città che agli occhi del visitatore appariva «Grande e Bella») durante il suo viaggio, censì la comunità ebraica in 200 famiglie, dedite in attività sia commerciali che artigianali, come ad esempio tintorie e produzione di vasi.

La comunità ebraica venne tutelata sia dai sovrani normanni che da quelli svevi: con l'arrivo degli Angioini la situazione peggiorò, con nuove imposizioni di tributi e soprattutto favorendo le conversioni al Cristianesimo. L'annichilimento della cultura e delle tradizioni ebraiche conobbe il suo apice durante il regno di Carlo III di Durazzo, che fece trasformare le 4 sinagoghe della Giudecca in chiese cristiane.

Sebbene la comunità si fosse in qualche modo conservata, come dimostrano gli statuti municipali concessi da Re Ladislao nel 1413, che prevedevano la presenza di due cittadini neofiti nel consiglio della città, solo con l'arrivo di Alfonso d'Aragona si riebbe l'antica tolleranza religiosa e la comunità venne rimpinguata grazie agli ebrei in fuga dalla Spagna. La comunità ebraica sopravvisse in città fino al 1541, quando Carlo V decretò la definitiva espulsione degli ebrei dal suo regno. In memoria dell'importante presenza ebraica in Trani, una nuova comunità ebraica è stata istituita nel 2004[33][34].

La cinta muraria federiciana

Federico II promosse il rafforzamento delle fortificazioni urbane, fondando nel 1233 il castello e realizzando la nuova cinta muraria[36], che protesse l'intera insenatura del porto e permise l'espansione urbanistica della città allargando il perimetro delle mura. La città fino ad allora era rimasta contenuta all'interno delle antiche mura longobarde, espandendosi di poco oltre. La murazione sveva, sui lati verso terra era protetta da un largo fossato e aveva il suo capo nel castello, raggiungeva poi in direzione sud l'attuale Piazza Gradenigo, e in questo tratto vi era la "Porta di Barletta"; continuava verso est, portandosi in parallelo a Corso Vittorio Emanuele e a Corso Cavour, per terminare infine verso nord sulla penisoletta dove ora insiste la Villa Comunale, nella zona chiamata "Canneto"; nella prima parte del tratto parallelo a Corso Cavour, all'inizio dell'odierna via Mario Pagano, si apriva la "Porta di Bisceglie", nelle cui immediate vicinanze nel XVI secolo fu costruita la chiesa di san Rocco[37]; le mura contornavano anche i lati verso il mare, e queste parti sono ancora esistenti ed è stata di recente restaurata e resa fruibile una delle antiche postierle, la cosiddetta Porta Vassalla; le mura erano interrotte alle due estremità dell'imboccatura del porto, e lì vi erano, e vi sono tuttora, le due torrette contenenti i capi della catena in ferro con cui si chiudeva l'accesso al porto. La murazione fu quasi completamente demolita nella metà del XIX secolo; l'andamento e l'aspetto delle fortificazioni è riscontrabile in alcune planimetrie, nel disegno di Giovan Battista Pacichelli e nella litografia di Porta Bisceglie di Gennaro Moselli.[38]

Manfredi

Manfredi, figlio di Federico, continuò l'opera del padre, concedendo il permesso di aprire logge e fondaci alle principali città marinare, tra cui le repubbliche marinare di Amalfi, Genova, Venezia e Ragusa: le ultime due insediarono in città anche i loro consoli. Tra le comunità che popolarono Trani in quel periodo, degni di menzione sono i mercanti di Ravello, che si insediarono in una strada a ridosso delle antiche mura, chiamata in loro onore "ruga Ravellensium", ricca di botteghe ed attività commerciali; numerosi banchieri fiorentini aprirono i loro sportelli in città.

Manfredi ebbe il castello di Trani come dimora prediletta e il 2 giugno 1259 vi celebrò con grandi onori le sue seconde nozze con Elena Comneno Ducas, figlia del despota d'Epiro Michele II.

I periodi angioino, aragonese e veneziano

Nella seconda metà del XIII secolo Trani poté godere dell'interesse anche dei successori della dinastia sveva: anche i primi sovrani angioini coinvolsero la città nelle attività della loro corte e si tennero altri matrimoni di grande fasto, celebrati nel 1266 tra Carlo I d'Angiò e Margherita di Provenza e nel 1271 quelle di Filippo, secondogenito di Carlo, con Isabella di Villehardouin principessa d'Acaia; Carlo, la sua corte e i suoi familiari soggiornarono in città di frequente[42].

Nel corso del XIV secolo, sotto il dominio della dinastia angioina nel Regno di Napoli e con la fine delle Crociate, la città conobbe un primo periodo di crisi, al quale alcuni sovrani del Regno fecero fronte con la concessione di alcuni privilegi, come l'istituzione di diverse fiere commerciali e interventi di riparazione per il porto. Proprio nel XIV secolo, la città perse per alcuni anni lo status di potestà demaniale e venne concessa in feudo al capitano di ventura Alberico da Barbiano dal 1383, riguadagnando lo storico privilegio di essere sottoposta solo al sovrano nel 1409; nel 1425 Giovanna II, l'ultima regina angioina, e nel 1436 Alfonso il Magnanimo, il primo re aragonese, confermarono con due importanti atti, trascritti nel Libro Rosso dei Privilegi della città di Trani, il principio per il quale la città di Trani ed il relativo castello sarebbero rimasti per sempre demaniali ed in perpetuo dipendenti esclusivamente dalla Corona[42]; la città fu brevemente reinfeudata nel 1466 al condottiero albanese Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, il quale però morì due anni dopo, prima di aver potuto prendere in consegna il dominio.

Nel 1462, nel corso della lotta tra Francia e Aragona, la città fu espugnata da Giovanni Antonio Orsini del Balzo e da Jacopo Piccinino; una parte della popolazione fuggì ad Ariano, ove tuttora esiste un quartiere extramurale denominato Tranesi[44]. I bisogni relativi alla conduzione della guerra avevano reso Trani il centro di commerci più importante del basso Adriatico, e nel periodo, di conseguenza, la classe dei mercanti, marinai e armatori accrebbe di potere e i componenti aspirarono a partecipare al governo cittadino; di contro, la vecchia aristocrazia capeggiata dalla famiglia Palagano, ricca di feudi e privilegiata, avversò vivamente la fazione dei nuovi ricchi; questa situazione tra il 1440 ed il 1460 dette origine a conflitti, esili e bandi della parte di volta in volta soccombente, e fu infine risolta grazie all'intervento delle truppe regie, ristabilendo l'ordine. Ferdinando I diede forza alla fazione popolare-borghese contro quella aristocratica, tuttavia si incontrarono anche resistenze e proteste dovute soprattutto al forte peso delle tasse.[45]

Dal 20 gennaio 1496 Trani e il relativo castello (con Brindisi, Gallipoli ed Otranto) passarono dalla Corona Aragonese alla giurisdizione della Repubblica Veneta, come pegno per il prestito concesso a Ferrante II di duecentomila ducati in occasione del conflitto che seguì alla discesa in Italia di Carlo VIII[46]. Nel 1496 il Senato veneto, di conseguenza, deliberò l'elezione di un governatore e di un castellano per Trani; in questo periodo la città fu munita di arsenale, ebbe ricostituito il porto e vide ravvivarsi il commercio. Dopo la formazione della Lega di Cambrai (10 dicembre 1508) la Spagna si accinse a recuperare i porti pugliesi detenuti dalla Repubblica Veneta, allora il viceré Giovanni d'Aragona nel maggio del 1509 convocò a Napoli Prospero Colonna, per poi recarsi con lui in Puglia; le città di Monopoli, Mola, Polignano, e Trani tornarono quindi agli Spagnoli]. Trani fu però subito ripresa dalle truppe veneziane e francesi, con l'aiuto dei popolani e fra l'ostilità viva dell'aristocrazia tranese. Dopo la Battaglia di Agnadello nel 1509 la città tornò agli Aragonesi.

Trani, nel periodo della dominazione veneta, fu scelta come territorio per il combattimento della celebre "Disfida di Barletta", in quanto considerato campo neutro.

Dalla metà del '400 alla metà del '500 la città ebbe splendore commerciale, fu frequentata dai mercanti Veneziani che compravano grano e salnitro e vendevano tutto, dai monili alla pece, al legno. Molti Tranesi commerciavano, armavano navi, erano mediatori con l'interno, e tendevano ad acquistare parità di trattamento con i Veneziani privilegiati. La popolazione in questo periodo crebbe, si passò da 870 fuochi nel 1443 a 950 nel 1475, a 1022 nel 1499; a causa dei moti del 1495, ancora di più per la peste del 1528-29 e poi per la guerra del 1529-30 la popolazione scese a 716 fuochi, ma la città si riprese velocemente e già nel 1545 tornava a contare 1124 fuochi.

Durante il secolo successivo si ebbe l'inesorabile declino delle attività commerciali marittime: oltre alla perdita d'importanza delle rotte commerciali nel Mediterraneo a causa della scoperta delle Americhe, la città non riuscì a porre rimedio al progressivo insabbiamento del porto, legato all'accumulo di detriti portati dalle acque torrentizie nell'insenatura naturale e all'attività della lavorazione del salnitro, che si svolgeva nella parte meridionale dell'insenatura. Il ritorno degli Aragonesi con Carlo V inasprì la crisi anche a causa della definitiva espulsione della comunità ebraica, che da sempre aveva costituito un potente fulcro economico nella società tranese.

La Sacra Regia Udienza (1586-1806)

Il governo vicereale cercò di porre rimedio alla crisi insediandovi la Sacra Regia Udienza: il Viceré Don Giovanni di Zunica, Principe di Pietraperzia, nel 1582 comunicò a Filippo II, re di Spagna, Napoli e Sicilia, figlio di Carlo V d'Asburgo, che sarebbe stato opportuno dotare la Sacra Regia Udienza di un'ulteriore sede, oltre a quella di Lecce, per via della distanza e della difficoltà nelle comunicazioni fra quest'ultima e le città della provincia, e di crearne quindi un'altra nella Terra di Bari che avesse le medesime competenze.

Re Filippo II, nel 1583, indicò Trani come capoluogo della Regia Udienza per la provincia di Terra di Bari.

Il decreto per l'istituzione della Regia Udienza, tuttavia, fu consegnato in bianco nel punto dove indicare la città da destinare a sede, a Don Diego de Vargas, nominato Preside della Provincia dal Viceré Don Pedro Téllez-Girón, I duca di Osuna. Il De Vargas, giunto a Bari nel 1584, indicò questa quale sede della Regia Udienza, ma per la durata di due anni a titolo di prova. Re Filippo II, terminato il periodo di prova, su proposta del Viceré di Osuna e con l'appoggio del Preside de Vargas, il 24 giugno 1585 decretò che avrebbe stabilito a Trani la sede definitiva della Sacra Regia Udienza della Provincia in quanto la città aveva grande fama, specialmente in ambito giudiziario.

La Sacra Regia Udienza, corrispondente all'attuale Corte d'appello, ebbe competenze giurisdizionali di seconda istanza in ambito civile, penale ed amministrativo, e quella dei gravami dalle sentenze dei giudici minori di tutta la provincia di Terra di Bari della quale facevano parte anche Matera e Trinitapoli; in appello prima di allora erano giudicate dalla Gran Corte della Vicaria di Napoli. Il Preside oltre che capo della Provincia ricopriva anche altri importanti ruoli, ovvero Governatore delle armi e Capo Politico, ed in tale qualità presiedeva il Tribunale Militare sottoposto alla Regia Generale Udienza di Napoli.

Trani, quindi, nel luglio 1586, dopo che fu abolita la Corte del Capitano già operante in città dal 1424, divenne sede della Regia Udienza della provincia di Terra di Bari. La sede fu posta inizialmente nel Castello Regio, per poi passare a diversi altri palazzi della città, tra cui quello attualmente sede di sezione dell'Archivio di Stato.

Trani divenne a tutti gli effetti il capoluogo della provincia di Terra di Bari, ruolo che rivestirà per oltre duecento anni, fino al 1806: il Preside era infatti sia rappresentante del Regno che esecutore del potere giudiziario. La presenza dell'amministrazione giudiziaria permetterà alla città di rivestire un ruolo prestigioso nel campo giuridico fino ai tempi moderni. L'insediamento dell'Udienza diede infatti vita a nuove prospettive di sviluppo economico e sociale della città la quale da centro marinaro e commerciale diventò anche centro principale, amministrativo e culturale della terra di Bari. Da allora la città divenne residenza di molti nomi illustri, avvocati, funzionari e magistrati, i quali vi si stabilirono portando con sé anche le loro famiglie che arricchirono la città di tesori d'arte, preziose biblioteche e sontuosi palazzi. Trani visse così un periodo di grande fioritura culturale grazie alla sua funzione politica, ritrovando parte del suo passato splendore soprattutto nel XVIII secolo, durante la dominazione dei Borbone.

Gli avvenimenti del 1799

Nei primi mesi del 1799, a seguito della proclamazione della Repubblica Napoletana, alcuni cittadini ispirati dagli ideali liberali della nuova repubblica tentarono di prendere il controllo della città: il Sindaco e gli eletti vennero dichiarati decaduti e il 3 febbraio venne piantato, di fronte alla chiesa di San Francesco, l'albero della libertà, nel luogo denominato oggi Piazza Libertà in memoria di quegli avvenimenti. Alcuni cittadini però si opposero, abbattendo qualche giorno dopo l'albero e proclamando la loro fedeltà al Re: i reazionari occuparono i punti strategici della città e il porto, procedendo all'arresto dei cittadini repubblicani e attendendo il ritorno dei Borbone, coadiuvati dalla flotta russa.

Nel frattempo l'esercito francese che appoggiava la Repubblica Napoletana, era giunto in Puglia per riconquistare le città ribellatesi alla Repubblica, tra cui Andria, San Severo, Trani. I reazionari tranesi, asserragliati nelle massicce mura federiciane della città, respinsero per ben otto volte la richiesta di resa avanzata dal generale francese Broussier, e tra il 25 e il 29 marzo massacrarono tutti i 35 detenuti politici repubblicani rinchiusi nel Castello e diversi cittadini ritenuti loro fiancheggiatori. Il 30 marzo la città venne assediata dalle truppe francesi, capitolando dopo appena un giorno di assedio e di cannoneggiamento. Bloccata ogni possibile via di fuga anche con un blocco navale, i francesi e i repubblicani capitanati dal Carafa, assaltarono la città il 1º aprile, saccheggiando la città che venne in gran parte bruciata e distrutta. Molti abitanti furono massacrati, compresi molti esponenti delle famiglie di Lernia, Bianchi, di Feo, Bassi, Palumbo e Moscatelli[49]: si stima che quel giorno morirono almeno 800 cittadini, mentre il fumo degli incendi era visibile dalle città vicine. Le navi francesi non esitarono a sparare con i cannoni sui pescherecci dei cittadini in fuga e a catturare e a fucilare diversi cittadini sfuggiti al blocco navale e sbarcati in approdi ritenuti più sicuri. La rappresaglia francese, determinata soprattutto dalla errata convinzione che i Tranesi fossero avversi alle nuove idee della rivoluzione, fu spietata. Innumerevoli furono le uccisioni di onesti cittadini, indiziati o no, gente anziana, sacerdoti, nobili e plebei, i saccheggi, gli incendi che distrussero documenti della città, carte notarili, libri preziosi e arredi sacri. Il giorno dopo i francesi presero il controllo della città, con il generale Broussier che emanò un proclama di perdono per i cittadini insubordinati. La città, durante il breve periodo dell'occupazione francese, dal punto di vista amministrativo divenne uno dei cantoni del dipartimento del Bradano retto dal commissario governativo Nicola Palomba. Le truppe francesi si ritirarono dalla città qualche settimana dopo, permettendo il 16 maggio la restaurazione del dominio borbonico.

Dal XIX secolo ad oggi

Trani ebbe lo stato di capoluogo della provincia di Terra di Bari fino all'era napoleonica, quando con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat si decretò che Bari (1808) dovesse assumere tale funzione: Trani perse così il suo ruolo di capoluogo mantenuto per più di due secoli. I francesi prima e i Borbone poi, dopo la restaurazione, mantennero comunque la Corte d'Appello in città. Con la proclamazione del Regno d'Italia nel 1861, Trani mantenne il primato giudiziario fino al 1923, quando la Corte venne definitivamente trasferita a Bari.

Anche se la città nei primi anni del XIX secolo perse il suo ruolo di centro amministrativo della Provincia, segnò ugualmente un notevole aumento sia del numero di abitanti che in termini di espansione urbana; da un verso, la crescita della città era dovuta alla permanenza dell'importante ruolo giudiziario, ancora affidato a Trani, che ebbe il tribunale provinciale e nel 1817 la Corte d'Appello e vide fiorire un ampio ceto legato alle magistrature, alle attività giuridiche e numerosi intellettuali, che diffusero idee liberali, e dall'altro lato, alla crescita contribuì l'attività del porto che era stato rinnovato proprio in quel periodo, e grazie ad esso era possibile il sostentamento di circa due terzi della popolazione cittadina, che nel complesso ammontava a circa 16000 abitanti.

L'espansione urbana ottocentesca

Nella prima metà dell'800 si iniziò ad avvertire la necessità di espandere in modo regolare la città al di fuori dell'antica murazione, dopo che già sul finire del secolo precedente si erano visti sorgere i primi caseggiati in terreni esterni alle mura. Nel 1840 Il Comune affidò quindi all'ingegnere comunale Gaetano de Camelis il compito di redigere la pianta del Borgo. Il piano previde che, a seguito della demolizione delle mura, terminata nel 1846, la città si espandesse in modo regolare, con isolati disposti a maglia ortogonale su tracciati rettilinei; si determinarono quindi degli assi di percorso maggiori, a collegare le piazze e le infrastrutture principali, attraversati da strade perpendicolari, di larghezza inferiore; gli isolati prevedevano la realizzazione di fabbricati elevati di due piani oltre il terreno. L'espansione ottocentesca della città tendeva quindi a risultare piuttosto "seriale", nella sua omogeneità ed uniformità, tuttavia l'importanza delle preesistenze legate alla viabilità ed alla città storica, alle quali il nuovo sviluppo si sarebbe allacciato, fece sì che il tessuto urbano, nel suo complesso, fosse dotato di caratteri di grande organicità non facilmente riscontrabili nelle espansioni urbane della stessa epoca, di altre città, e non soltanto pugliesi.

In questo periodo furono realizzate diverse importanti opere pubbliche, fra le quali vanno certamente ricordate la Villa Comunale, inaugurata il 1824, e le due strade carrabili Trani-Corato e Trani-Andria, terminate nel 1827, caratterizzate dall'andamento rettilineo; nel 1832 fu inaugurata l'attuale Piazza Campo dei Longobardi, destinata a mercato di generi alimentari e ricavata dalla demolizione di un quartiere composto dalla Chiesa dell'Annunziata e da alcune abitazioni private; nel 1840 fu inaugurato l'attuale Cimitero. Nel 1828 il Comune acquistò la proprietà del Teatro Comunale "San Ferdinando", costruito nel 1793, tra i primi teatri stabili del Mezzogiorno, e probabilmente il più antico di Puglia; il teatro fu danneggiato da un incendio in occasione dell'attacco delle truppe francesi nel 1799, cui fece seguito una ricostruzione durata cinque anni, poi nuovamente danneggiato da un terremoto nel 1851, ancora gravemente danneggiato dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, date infine le gravi condizioni statiche l'amministrazione comunale nel 1958 ne dispose l'abbattimento; dell'arredo del teatro si conserva il sipario dipinto nel 1863 dal pittore Biagio Molinaro, raffigurante la promulgazione degli Statuti marittimi.

Il periodo risorgimentale

La folta ed animata presenza in città di intellettuali e di appartenenti alla classe dell'agiata borghesia, fece sì che anche a Trani si sviluppassero e diffondessero gli ideali del Risorgimento. Era presente in città, già dal 1820, un'associazione di Carbonari chiamata Il Pellicano che giunse a contare ben 506 iscritti, senza che al suo interno vi fosse distinzione di censo, e della quale l'Avv. Pietro d'Alessandro fu Gran Maestro. Giuseppe Beltrani, sindaco per molti anni, era Presidente di un'altra associazione patriottica. Nel 1848 Trani partecipò con entusiasmo al movimento liberale volto all'ottenimento della Costituzione e mandò gli avvocati Leopoldo Tarantini e Giuseppe Ugenti al Parlamento Napoletano.

Il 29 marzo 1848 un gruppo eterogeneo, formato da intellettuali, "galantuomini", artigiani e guardie nazionali, bruciò nella piazza pubblica lo stemma austriaco; questo atto fu naturalmente considerato "ostile" e portò un seguito di condanne; nel febbraio del 1849 fu dato l'ordine di sciogliere la guardia nazionale, tuttavia la cittadinanza oppose resistenza e la municipalità protestò con forza, il sindaco fu allora destituito e si ebbero carcerazioni, esili e l'iscrizione nelle liste di "attendibili".

Nonostante le repressioni del governo, Trani continuò ad essere il centro della provincia ove le idee risorgimentali si facevano sentire più forti; si contarono numerosi cittadini tra gli organizzatori dei comitati insurrezionali del 1860.

Il "Discorso di Trani" di Francesco de Sanctis

Il famoso storico e critico della letteratura italiana Francesco de Sanctis nel 1882 si presentò come candidato alla Camera dei Deputati del Regno d'Italia nel collegio elettorale di Trani, venendo eletto con 4279 voti contro i 797 riportati da Pietro Antonio Cafiero, i 774 di Felice Cavallotti e i 403 di Carlo Cafiero. La sera del 29 gennaio 1883, nel teatro comunale San Ferdinando, De Sanctispronunciò quello che sarà poi conosciuto come "Discorso di Trani", il quale risulta essere una sorta di testamento politico ed etico.

De Sanctis, nel discorso, affrontò ampiamente non solo il tema dell'Unità nazionale, ma anche quello della "Unificazione" nazionale, ovvero il modo per raggiungere l'effettiva e concreta unità della nazione, sia a livello geografico che sociale; esalta poi il ruolo che ha l'educazione, fondamentale per il progresso ed il miglioramento della società. Alcuni brani significativi:

«Io voglio dirvi quali sono le mie aspirazioni per il bene del mio Paese. Noi abbiamo ormai "l'unità nazionale"; ma a questa unità manca ancora la base, manca "l'unificazione", e l'unificazione è quel lento lavorio di assimilazione che deve scemare possibilmente le distanze, che separano ancora regione e regione, classe da classe. E a ciò non conduce questo aguzzare di continuo le passioni e le differenze di classi e di regioni, e seminare odio, invidia, uno stato di guerra negli animi, perché l’odio non crea niente, ma distrugge tutto, e perché questo non è unificare, ma segregare l’Italia, è un delitto contro l’unità nazionale. Io vi dirò qual è il mezzo per giungere a questa unificazione. L’organismo sociale è simile all’organismo umano, nel quale la malattia di un membro, se tu la trascuri, diviene malattia e morte di tutto l’organismo. Se una regione langue, quel languore si ripercuote»...«e una classe che soffre, diviene una piaga infissa nel corpo sociale, che si fa cancrena e lo uccide. Il male di uno diviene il male di tutti; e nasce quel sentimento di solidarietà, che ci fa sentire come nostra sventura, sventura di tutta Italia, la sventura che colpisce una regione, o una classe. E noi dobbiamo esser pronti all’aiuto non solo in nome di questa o quella regione, di questa o quella classe, ma in nome di tutta Italia, per il bene d’Italia. Noi dobbiamo creare negli animi questo sentimento di solidarietà, amore, carità, fratellanza; e avremo allora l’unificazione, avremo data alla nostra unità quella base di granito, che la renda indistruttibile non solo nella nostra coscienza, ma nella coscienza de’ nostri avversari.»...«L'opera dei secoli non si cancella in un giorno!»...«È l’educazione che ingrandisce i nostri cuori con l’ingrandire de’ nostri intelletti, e trasforma le società e le fa simili a noi.»...«Studiate, educatevi, siate intelligenti e buoni. L’Italia sarà quello che sarete voi.»»

A chiusura del discorso, come a smorzare i toni dopo aver espresso concetti così importanti, De Sanctis si congedò esprimendo il proprio compiacimento per l'appellativo di "Atene delle Puglie" attribuito alla città di Trani, che lo aveva appoggiato nelle elezioni, e ricordando l'impegno che egli avrebbe profuso per il bene comune:

«Ora abbassiamo un po’ il tono e parliamo delle cose nostre come in famiglia. Io mi sento orgoglioso di rappresentare un collegio, dove è un corpo elettorale così disciplinato e così patriottico. Mi piace anche che la città capo del collegio, sia stata chiamata l’Atene delle Puglie, perché tra Atene e i miei studi e la mia vita c’è pure qualche simpatia. Io cercherò che Atene non resti un titulus sine re, un conte senza contea. Alcuni, che mi negarono il voto, dissero che io ero divenuto un pezzo da museo, una statua da essere messa in un tabernacolo; ma io sento quanto cuore ancora batte in questa statua. E sono contento, perché mi sento ancora buono a fare qualche bene all’Italia e qualche bene al mio collegio, e anche alla provincia, alla quale il collegio appartiene.»

Seconda guerra mondiale

Durante la seconda guerra mondiale la città subì diversi bombardamenti, il più grave dei quali distrusse una palazzina sul porto uccidendo 21 persone il 27 aprile 1943, ricordato dai cittadini come "Pasquetta di sangue". Pochi mesi dopo i tedeschi invasero la città. La mattina del 14 settembre del 1943 un aereo tedesco decolla da Barletta bombardando nuovamente la città. Furono colpiti l'ufficio delle Poste e probabilmente per errore venne quasi distrutta la palazzina del notaio Filippo Salvati in via San Gervasio.[54] Prima di ritirarsi verso nord, i soldati nazisti rastrellarono 50 cittadini per rappresaglia dopo l'uccisione di cinque soldati durante un'azione di guerriglia. Grazie all'intervento del podestà Giuseppe Pappolla, del segretario politico Antonio Bassi e dell'arcivescovo Monsignor Francesco Petronelli, i tranesi vennero però rilasciati dal tenente colonnello della guarnigione tedesca, Friedrich Kurtz, che si rifiutò di impartire l'ordine di fucilazione.

Trani è oggi un comune membro dell'organizzazione internazionale Cittaslow, fondata in Italia in favore di un rallentamento delle frenetiche dinamiche moderne e per una migliore qualità della vita.

Fonte: Wikipedia