Monopoli (BA)

Monopoli è un comune italiano di 47 870 abitanti[1] della città metropolitana di Bari in Puglia.

Monopoli rappresenta, sull'Adriatico, uno dei porti più attivi e popolosi della regione. Il suo caratteristico centro storico di origine alto-medievale, sovrapposto ai resti di un abitato messapico fortificato già nel V secolo a.C., si affaccia sul mare circondato da alte mura.

Non si ha alcuna certezza né sul toponimo antico né sull'origine dell'attuale nome della città. Gli scavi archeologici più recenti mostrano che un nucleo esisteva già in epoca messapica (V secolo a.C.) e che era munito di poderose mura. Dalla Tabula Peutingeriana, di epoca tardo romana, si evince solamente che in quegli anni, approssimativamente nella zona dell'attuale Monopoli, sorgeva il centro detto Dertu.

Di Monopoli sono state ipotizzate diverse etimologie[20].

La città di Monopoli trarrebbe le proprie antiche origini da una poderosa fortezza messapica situata al confine della Peucezia. Le mura messapiche cingevano probabilmente l'intera penisola individuata dalla cala detta della Porta Vecchia e dalla cala del Porto Antico; lungo via dei Mulini, all'interno del Bastione di Santa Maria, sotto il Castello, nei pressi del Palazzo vescovile, sono ancora conservati importanti tratti delle fortificazioni del V secolo a.C.

Dell'epoca romana rimane solo la grande porta fortificata, inglobata nel Castello, e alcune tombe nella zona ipogea della Cattedrale. Secondo la dubbia testimonianza riportata dallo storico locale Giuseppe Indelli[22], nell'anno 43 San Pietro avrebbe predicato, di passaggio, ad un gruppo di cittadini monopolitani. Dal I secolo a.C. fino a tutto il III secolo d.C. è un porto prevalentemente militare. In seguito, grazie all'arrivo degli egnatini profughi della loro città (distrutta da Totila re dei Goti), Monopoli sarebbe divenuta un centro di prima importanza anche commerciale: dal X secolo diviene infatti un importante porto (nonché l'unico di una certa importanza) tra Bari e Brindisi, punto di incontro tra entroterra e mare. Diviene inoltre crocevia di viaggi e contatti con l'Oriente durante le Crociate, con conseguente grande sviluppo economico e demografico. È proprio durante il Medioevo che la città di Monopoli conosce la sua massima espansione, tanto da inglobare i territori delle attuali città di Fasano, Locorotondo, Alberobello e Cisternino. Nel 1041 si svolge la cosiddetta battaglia di Monopoli tra bizantini e normanni[23] con la prigionia di Exausto. La città si unisce all'insurrezione pugliese chiedendo l'aiuto dei normanni. Nel 1042 Bisanzio invia in Puglia il famoso e crudele generale Giorgio Maniace principe e Vicario dell'Imperatore di Costantinopoli, che si rivolge immediatamente contro la città ma, non riuscendo a prenderla, si accanisce sulle campagne e sui borghi rurali, con terribili stragi e crudeltà.

Nel 1045 Monopoli viene assegnata, ma solo sulla carta, a Ugo Toute-Bone nell'assemblea normanna di Melfi. Ugo però riesce a espugnarla solo nel 1049, ricorrendo all'interramento del porto canale che gli consente l'aggiramento delle forti difese terrestri. Successivamente la città, fedele a Federico II durante la sua minore età, subisce numerosi attacchi da parte dei baroni ribelli senza essere mai espugnata. Durante questi assedi le mura vengono notevolmente danneggiate e Federico II mostra riconoscenza ricostruendole e ampliandole.

All'inizio del XIII secolo si ambienta la romanzesca ma documentata storia di Maio di Monopoli un pirata monopolitano che, avendo ucciso una persona di rango elevato, fu costretto a fuggire da Monopoli a Cefalonia con un gruppo di seguaci. Riuscì a conquistare le isole ionie (Cefalonia, Corfù, Zante, Itaca) divenendone conte. Consolidò il proprio potere sposando nel 1226 Anna Angelo, figlia di Teodoro Angelo Ducas e di Zoe Ducas, potentissimi personaggi alla corte imperiale di Costantinopoli. Da lei ebbe due o forse tre figli, tra i quali il primogenito Giovanni e Riccardo, assassinato nel 1303. Sono documentati due suoi incontri con l'Imperatore Federico II. Non si conosce con certezza la data della sua morte avvenuta dopo il gennaio 1238. 


Monopoli, nella seconda metà del XIII secolo, conosce la dominazione degli Angioini, per poi sottomettersi a quella aragonese, durante la quale vive un periodo di ripresa che continua anche sotto la dominazione veneziana nel 1484. La città passa dopo pochi anni da Venezia ai francesi. Memorabile, crudele e ben documentato è l'Assedio di Monopoli da parte della flotta veneziana, che riconquista la città in pochi giorni dopo violenti e sanguinosi combattimenti, attaccandola dal mare il 29 giugno 1495. Gli storici veneziani, in tale occasione, la descrivono del resto come una bellissima e ricca città. Dopo la presa di Otranto del 1480 da parte della flotta ottomana, per tutto il XVI e XVIII secolo la città conosce un periodo di grande tensione e preoccupazione (come del resto tutto l'Adriatico).

La città in realtà non è mai stata attaccata direttamente dalle flotte turche, che probabilmente la evitarono a causa delle sue poderose fortificazioni, fortemente presidiate. Sono ricorrenti tuttavia le scorrerie di singole navi di pirati algerini, che si limitano a rapire cittadini isolati fuori dalle mura per farli schiavi e quando possibile ricavarne dei riscatti. Nel 1529 la città, protetta dal suo efficacissimo sistema difensivo, con l'aiuto di soldati veneziani e grazie all'eroismo dei suoi cittadini, resiste vittoriosamente a tre mesi d'assedio da parte degli imperiali spagnoli al comando del marchese del Vasto Alfonso III d'Avalos, che è costretto a ritirarsi a causa delle importanti perdite. Dopo la pace con Venezia, la città passa pacificamente in mano a Carlo V d'Asburgo. Nel luglio del 1647, durante una rivolta popolare per una nuova tassa sul macinato, l'odiato governatore spagnolo viene linciato insieme ad un povero armigero che cerca di difenderlo. Alla fine di settembre tutto termina con una durissima repressione operata dalle truppe di stanza a Bari. Ad eccezione di questo episodio, dalla metà del Seicento in poi Monopoli segue le sorti del resto del Mezzogiorno, con le dominazioni dei Borbone, e quindi l'annessione al Regno d'Italia nel 1860. Dopo le guerre mondiali e la dittatura fascista, Monopoli si schiera costantemente con la Democrazia Cristiana. Dagli anni novanta si susseguono con alternanza governi di centrodestra e governi di centrosinistra.[24][25]


Architetture religiose

Edifici sacri urbani

Concattedrale della Madonna della Madia

La prima chiesa, costruita sui resti di un antico tempio pagano, fu dedicata al martire San Mercurio, ma venne abbattuta nel 1107 per le nuove esigenze della popolazione. Il vescovo Romualdo iniziò allora la costruzione di una chiesa più grande, che venne completata dieci anni più tardi grazie - secondo la tradizione - a un intervento miracoloso della Madonna[30], a cui venne dedicato il nuovo tempio sotto il titolo di Maria Santissima della Madia, lasciando tuttavia la titolarità della parrocchia a San Mercurio. Nel 1742, i canonici del capitolo presero la decisione di costruire una nuova Cattedrale a causa dello stato rovinoso dell'edificio precedente.

I lavori furono affidati a due Maestri Muratori Ingegneri, Michele Colangiuli di Acquaviva e Pietro Magarelli di Molfetta. La chiesa subì una totale ricostruzione in stile barocco, assumendo all'interno la forma di croce latina e ricevendo un rivestimento marmoreo nel pavimento e nelle colonne.

L'edificio, a tre navate, si sviluppa per una lunghezza di 64 metri; la navata centrale s'innalza con la cupola ad un'altezza di 31 metri.  Nella parte superiore dell'abside si trova la Cappella del Trionfo della Madonna della Madia. Presenti poi altre 12 cappelle equamente distribuite nelle navate destra e sinistra.[31]

Sotto l'attuale Cattedrale sono ancora conservati resti della cripta della Cattedrale romanica insieme a testimonianze archeologiche di un'ininterrotta frequentazione umana dal XVI secolo a.C. fino al XVIII secolo d.C. Questi reperti, significativi per storia della città, sono inseriti nel percorso archeologico del "Museo della Cripta di Romualdo", aperto al pubblico.

Chiesa e monastero di San Martino

Prova della sua esistenza sarebbe attestata già dall'anno 996, ma la chiesa nel corso della storia ha subito importanti e radicali modificazioni. Completamente smantellata a causa dell'assedio spagnolo nel 1529, nel 1602 il complesso fu arricchito con la costruzione dell'adiacente monastero, destinato alle cosiddette zitelle civili, poi terminato nel 1620. La chiesa, oggi dismessa, è in stile barocco e conserva un pregevole pavimento in maiolica napoletana, un bell'altare marmoreo di pregio ed un organo del XVIII secolo.[32]

Chiesa e convento di San Francesco D'Assisi

La costruzione della prima chiesa e convento di San Francesco, situati appena fuori della cinta urbana, risale al 1275. Nella primavera del 1529, nel corso dei preparativi di difesa per l'incombente arrivo delle armate spagnole, convento e chiesa, giudicati dal doge veneziano Andrea Gritti pericolosi per la loro vicinanza alle mura, vennero abbattuti. L'imperatore spagnolo Carlo V, verso la fine del XVI secolo, li fece ricostruire all'interno delle mura della città nella loro posizione attuale. Nel 1740 la chiesa subì un totale rifacimento e Michele Colangiuli di Acquaviva ne fu l'architetto. La chiesa si presenta con una grande navata e sei cappelle laterali e custodisce un organo del Settecento, proveniente dalla locale chiesa di Cristo delle zolle e alcune opere di notevole valore artistico, fra cui alcuni dipinti di Domenico Carella, di Vincenzo Fato, ed un crocifisso ligneo con le statue della Vergine e di San Giovanni, opera di Antonio Brudaglio. Nel XIX secolo la chiesa è stata privata della parte conventuale, divenuta sede del Comune di Monopoli.[33]

Chiesa e convento di San Francesco da Paola

Il convento, situato fuori dalle mura della città, fu fondato nel 1530. La chiesa, realizzata dopo la demolizione della precedente chiesa di Gesù e Maria, fu iniziata nel 1543 e terminata nel 1623.

Chiesa e convento di San Felice, detta Dei Cappuccini

La chiesa di San Felice, detta dei Cappuccini, annessa all'ex convento, fu edificata nel 1577 con il contributo dell'Università di Monopoli e di alcuni benefattori; ristrutturata nel XVIII secolo, ricca di decorazioni a stucco e pittoriche, conserva numerose opere d'arte. Attualmente l'ex convento, caratterizzato da un bel cortile e da graziose celle ben conservate, ospita la Casa di Riposo Vitantonio Romanelli ed è gestita dall'Associazione per i Servizi alla Persona (ASP) Romanelli Palmieri di Monopoli.[32] Dal gennaio 2015 entra a far parte del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'interno insieme alla chiesa di San Domenico e a quella di San Martino (vedi sotto).[34]

Chiesa e convento di San Domenico

Una prima chiesa di san Domenico fu edificata per sostituire l'antica chiesa, denominata Santa Maria la Nova, che era stata costruita nel 1296 annessa al convento dei Domenicani nella zona detta Fontanelle, a nord della città, fuori le mura. Chiesa e convento vennero demoliti nel 1528, in preparazione all'attacco spagnolo del 1529, allo scopo di fare al nemico terra bruciata, togliendogli ogni possibilità di riparo dai colpi dell'artiglieria monopolitana. La chiesa fu ricostruita insieme al convento nella seconda metà del Cinquecento, lì dove sorgeva la chiesa medioevale di San Silvestro, ed è attribuita all'architetto monopolitano Filippo Mitricchio, allievo di Costantino da Monopoli, morto nel 1547. La chiesa fu consacrata nel 1681 dal Cardinale Orsini divenuto poi Papa con il nome di Benedetto XIII.[35] La facciata, di un classico stile rinascimentale, è abbellita da un grande rosone lapideo. Pregevole è inoltre il gruppo scultoreo di Stefano da Putignano, collocato sulla sommità della facciata. Anche l'architetto salentino Mauro Manieri, nella prima metà del XVIII secolo, intervenne su San Domenico. Alla costruzione contribuirono le più importanti e ricche famiglie di Monopoli: i Rendella, De Falcuni, Della Guida, Bellopede, Palmieri, Indelli e i De Patritiis, che ottennero il privilegio delle rispettive cappelle.[36]

Chiesa e convento di Santa Teresa o Conservatorio della Casa Santa (sec. XVII)

Nel 1585 alcuni fedeli acquistarono varie case nel vecchio abitato e trasformarono il tutto in un'istituzione religiosa denominata "Conservatorio della Casa Santa". Successivamente, sotto il vescovado di Antonio Porzio, nel secolo XVII, si costruì l'attuale edificio destinato a convento di clausura, con concessione dell'uso dell'abito regolare della Beata Vergine della Presentazione a tutte le povere fanciulle orfane che avessero manifestato la volontà di farsi religiose. Nel 1715, su disegno dell'ingegnere Vito Valentino, si pose la prima pietra della chiesa attuale, sotto il provincialato di Padre Ilarione di San Giuseppe, napoletano. L'edificazione fu iniziata effettivamente nel 1716 dai Padri Carmelitani Scalzi, sotto il Regno di Carlo VI d'Austria e il Papato di Clemente XI. La sua costruzione si protrasse fino al 1735, sotto il Regno di Carlo, Infante di Spagna, figlio di Filippo, e il Papato di Clemente XII; finalmente, l'8 novembre 1735 la Chiesa fu consacrata dal Vescovo di Monopoli Giulio Sacchi col titolo di San Giovanni Battista ed Anna. I padri Carmelitani Scalzi abitarono in Santa Teresa per circa un secolo, poi succedettero loro i Signori della Missione e infine le Suore di Clausura Vescovile di Casa Santa col "conservatorio". Il convento attualmente appartiene all'A.S.P. (già I.P.R.A.B) Romanelli Palmieri di Monopoli mentre la chiesa è rimasta di proprietà della curia di Conversano Monopoli ed è sede della Parrocchia di San Pietro.[36]

Chiesa e convento di San Giuseppe e Anna

La chiesa, chiamata anche delle Monacelle, è stata edificata insieme al contiguo monastero delle Clarisse nel XVII secolo; estremamente raffinata ed elegante, è in un certo senso inusuale per la ricca architettura dell'epoca. Lo spazio interno è essenziale e giocato su rapporti rigorosi e quasi classici; l'esterno tende a fare corpo unico con le mura del convento e l'effetto visivo complessivo è quello di un vero e proprio fortilizio. Il pavimento in ceramica policroma, dei primi del Settecento, è forse il solo in tutta Monopoli interamente conservato, anche nella zona del coro e dei matronei. È da segnalare anche la presenza di un sepolcreto sotterraneo, al centro della chiesa, localizzato in corrispondenza della cupola.[36]

Chiesa e convento di San Leonardo

La chiesa di San Leonardo fu edificata nella prima metà del Settecento, contemporaneamente al campanile ed al monastero contiguo; i lavori furono diretti da Mauro Manieri, artista salentino, che lavorò anche alla chiesa di San Domenico. La chiesa di san Leonardo, architettonicamente, rivela evidenti influssi leccesi, in uno stile tardo barocco. Sempre il Manieri scolpì le statue di San Benedetto e di Santa Scolastica che adornano il campanile; sulla facciata superiore, che guarda il mare, sono scolpite la tiara papale e le chiavi apostoliche, simbolo dell'autorità pontificia.[36]

Chiesa e convento di Sant'Antonio da Padova

Complesso monastico realizzato nel XVII secolo, fino alla metà del XVIII secolo era dedicato a santa Maria delle Grazie, successivamente intitolato a Sant'Antonio di Padova. Attualmente è situato nel centro urbano ma al momento della realizzazione si trovava fuori le mura, sulla strada regia per Napoli, in corrispondenza della prima (da nord-ovest) stazione di posta e locanda pubblica, ancora oggi esistente.

La chiesa è a navata unica con ricche cappelle sul lato destro, in stile tardo rinascimentale. Divenne lazzaretto durante la peste di Monopoli del 16901692.[36]

Chiesa di San Pietro

Posta in piazza Palmieri, contigua alla chiesa di Santa Teresa, la chiesa di San Pietro, che attualmente presenta una struttura in gran parte romanica, risalirebbe addirittura all'anno 329, secondo la cronaca dello storico locale - oggi perduta - Bante Brigantino. Questa antica notizia sembrerebbe essere stata confermata dagli ultimi scavi archeologici; infatti nel corso dei restauri degli anni novanta del XX secolo, progettati ed eseguita dall'architetto Marcello Benedettelli della Soprintendenza Archeologica, fu scoperta, circa due metri sotto il piano di calpestio dell'altare, una piccola chiesa mono-absidata, molto rustica da un punto di vista strutturale e decorativo, che potrebbe corrispondere al luogo che in alcune fonti viene chiamato S.Pietro e Bartolomeo e che strutturalmente sembra risalire al IV secolo. La chiesa del XII secolo risulta quasi integralmente conservata in tutto il lato sinistro e parzialmente per la zona delle navate centrali e laterali, compreso le colonne, almeno fino al livello delle chiavi degli archi, mentre tutta la muratura e le volte della navata destra furono certamente coinvolte nel parziale crollo del XIII secolo. Il campanile romanico, conservato fino alla quota dei beccatelli, risulta sovrapposto alla torre civica che segnava il centro della città alto medievale (riconoscibile dalla inconsueta muratura a fasce alternate di tufi e calcare). Nel XVIII secolo il campanile fu sopraelevato con l'aggiunta della cella campanaria in stile barocco. L'esterno della chiesa è ricco di resti romanici, tra cui avanzi di murature, di archi, oltre ad una piccola scultura romanica (capitello a stampella) inserita nel fianco sinistro della chiesa, verso piazza Palmieri, recentemente rimossa e conservata nella sagrestia della contigua chiesa di Santa Teresa.[32]

Chiesa di Santa Maria Amalfitana

Nel 1059, secondo tradizione, alcuni marinai di Amalfi, scampati ad una tempesta, scesero a pregare in una grotta di monaci basiliani presso la scogliera dove erano approdati. Ai monaci manifestarono il proposito di fare nella grotta un santuario e compiere così il voto fatto alla Madonna. Cento anni dopo, quando la presenza di questa colonia ebbe peso maggiore nella città cresciuta, gli amalfitani eressero sul tempietto sotterraneo la basilica romanica, che i restauri in questo secolo hanno riportato alla luce. La facciata rimane quella del Settecento, ma l'interno è stato restituito agli archi e alle colonne dell'antica armonia.[32]

Chiesa di San Salvatore

Il luogo in cui sorge la chiesa di San Salvatore in Pittaggio Pinnae, avrebbe una storia che va dal periodo paleocristiano (secoli III-IV) fino al 1921, epoca in cui fu quasi abbandonata per il trasferimento della sede parrocchiale nella summenzionata chiesa di Sant'Antonio da Padova. Secondo il Nardelli la chiesa sarebbe stata addirittura costruita con l'aiuto dell'imperatore Costantino il Grande nel 313, e adduce come prova il ritrovamento, nel 1711, di alcune monete con la sua effigie nelle fondamenta dell'edificio. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito vari e sostanziali ritocchi, ma nel 1707, per opera del parroco Francesco Pittore, furono iniziati i lavori più importanti di ampliamento e restauro tanto che fu ricostruita buona parte della chiesa e del campanile. L'opera di ristrutturazione fu affidata all'ingegnere Pietro Magarelli di Molfetta (che lavorò in seguito anche alla costruzione della Cattedrale di Monopoli); fu consacrata dal vescovo Antonio Sacchi i primi di maggio del 1729, come ricorda una lapide posta al di sopra di una porta interna della navata sinistra.[32]

Chiesa di Santa Maria del Suffragio o Della Natività di Maria

Chiamata comunemente Chiesa del Purgatorio, fu costruita fra il 1600 ed il 1700, a pochi metri dalla Cattedrale. Ha forma di croce latina, con cinque altari. Quello maggiore è in stile barocco classico, ed è lavorato in pietra leccese. Fra i vari dipinti custoditi, spiccano quelli del Fato (1756), del Tatulli (1819) ed una Madonna con Bambino in trono, probabilmente di Cesare Fracanzano, da altri attribuita al Finoglio.[32] La chiesa è particolarmente nota per la presenza di un putridarium utilizzato fino al XVIII secolo dai membri della confraternita che qui aveva sede; in un'apposita cappella sono tuttora visibili alcune mummie ottenute con tale processo.

Chiesa e Convento di San Nicola in Pinna

La Chiesa di San Nicola in Pinna si trova nei sotterranei del Castello Carlo V. La chiesa e l'annesso monastero furono realizzati nel X secolo addossando la chiesa al corpo di guardia sud della grande porta romana (attualmente inglobata nel Castello Carlo V) e utilizzando il corpo di guardia stesso per gli ambienti abitativi.[37] Forse i lavori furono voluti dall'abitante del luogo Sassone, figlio di Kiroleone, rimasto vedovo, che aveva deciso di prendere i voti e fondare il nuovo monastero. Il termine Pinna, che nei documenti viene indicato anche come Promontorium, indica la posizione del complesso religioso nel punto più sporgente della penisoletta fortificata della città.

La chiesa è ad una sola navata, mono absidata, con cupola centrale. La facciata esterna sinistra, parzialmente visibile dalla zona di arrivo della scala centrale del castello, conserva la traccia dei beccatelli romanici originali. La tipologia sembra appartenere a quella delle chiese rurali del XI - XII secolo.

Nel 1054 il monastero, già ricco e famoso, riceve da Argiro, figlio di Melo di Bari, la conferma dei propri privilegi e l'autorizzazione ad estendersi su tutto il resto del promontorio. Nel 1086 e nel 1119 il conte di Conversano, Goffredo, cede nelle mani del venerabilis Larentis, abate del monastero, alcune terre. Ancora, nel 1180 la chiesa e il monastero sono citati in una bolla di papa Alessandro III come dipendenti dal vescovo di Monopoli Stefano. Infine la chiesa e il monastero vengono anche citati nella bolla di papa Bonifacio IX del 1393, per poi scomparire dalle fonti.[32]


Architetture civili e militari

Castello di Santo Stefano

Il Castello di Santo Stefano, posto sul mare, all'esterno delle mura cittadine, costituì per tutto il Medioevo fino alla fine del XVII secolo parte essenziale del complesso e articolato sistema difensivo costiero della città.[39]

Torre Cintola, Torre San Giorgio e il sistema di fortificazioni costiere

Il sistema difensivo costiero monopolitano venne completato alla fine del XVI secolo, tra il 1569 e il 1573, con l'edificazione di torri sulla riva del mare. Sull'attuale territorio comunale si possono individuare, a sud della città, solo Torre Cintola (semidistrutta alla fine della seconda guerra mondiale dalle artiglierie inglesi che la utilizzavano come bersaglio per le esercitazioni) e i resti di Torre San Giorgio, mentre Torre D'Orta (che sorgeva a nord di Monopoli, prima di Torre Incina), ristrutturata e utilizzata dal proprietario.

Castello di Carlo V e il sistema di fortificazioni urbane

Il castello di Carlo V è un fortilizio edificato in riva al mare durante la dominazione spagnola a protezione dell'ingresso del porto antico, sull'angolo nord-est della cinta muraria di Monopoli. Costituisce l'elemento chiave del sistema di fortificazioni urbane. Attualmente sono visibili e in gran parte restaurati i tratti di mura cittadine a sud del castello fino alla Cattedrale, compreso i bastioni di Santa Maria, di Pappacenere e della Cattedrale.

La caserma spagnola (attuale biblioteca)

Nata come caserma o "casa erema" spagnola, fu edificata a spese della cittadinanza al prezzo di circa 40.000 ducati, nella seconda metà del XVI secolo, per alloggiarvi gli ufficiali e i soldati spagnoli di stanza in città con lo scopo di evitare il disagio delle famiglie costrette ad ospitarli nelle proprie abitazioni. Minuzioso, molto burocratico ma anche ricco di aneddoti è il regolamento che prevedeva ogni particolare della vita dei soldati e degli ufficiali (distinti tra quelli di nobile origine ricchi e quelli, parimenti nobili, ma senza mezzi di sussistenza). Questo prezioso documento è giunto intatto fino a noi ed è conservato nell'archivio storico del Comune.

La caserma fu trasformata poi in palazzo civico e successivamente, nel XIX secolo, in teatro comunale. Al piano terra, fino alla fine del XX secolo, fu alloggiato il mercato del pesce. Attualmente è sede della Biblioteca Comunale per opera del senatore Luigi Russo. È intitolata al famoso ed illustre giurista monopolitano Prospero Rendella (1553 - 1630), esemplare e nobile figura del Rinascimento meridionale. La facciata, a due logge sovrapposte (quella superiore è però frutto di un rifacimento ottocentesco), è la scena maggiore della piazza Garibaldi, caratterizzata da colore veneziano. La biblioteca, posta al piano primo dopo il restauro, è inserita in una struttura moderna, dotata di sale informatiche e aule studio, volte a creare una vera e propria piazza del sapere e un polo culturale all'interno della città.[32][40]

Torre Civica

Rappresenta un esempio di arredo urbano d'altri tempi e di assemblage barocco, utilizzando la colonna infame, proveniente dall'antica gogna cittadina, insieme ad altri materiali in sovrapposizione: un'agile statuetta di San Gennaro[41], lo stemma cittadino e un orologio.[32]

Collegio dei Gesuiti (secolo XVII)

Grande edificio monumentale con portale manieristico, sorge nei pressi del porto antico, su via Amalfitana (antica "Via Pubblica"). Iniziato nel 1616, ebbe anche una chiesa e un'importante biblioteca. Il palazzo venne realizzato con il patrimonio di Giovanni Antonio Guida che donò in vita l'intera sua parte eredità per l'attuazione di opere educative, con atto notarile redatto dal Notaio Caiassi il 13 agosto 1611.

In realtà i Gesuiti erano presenti in Monopoli sin dall'inizio del 1611 in una più modesta residenza, come appare dai Cataloghi triennali della Compagnia[42]. Dopo la loro drammatica espulsione della fine del XVIII secolo dal regno di Napoli, il palazzo fu confiscato, smembrato, venduto ai privati e la chiesa divenne un magazzino al servizio delle attività portuali. Successivamente subì molte modifiche interne che ne hanno snaturato la struttura distributiva.[32]

Palazzo Palmieri (secolo XVIII)

Il palazzo, dotato di oltre 100 stanze, sorge isolato sul lato est della omonima piazza, la più antica della città. La costruzione, in stile barocco leccese, è imponente nel disegno generale e nel contempo raffinatissima nelle decorazioni e nel colore dorato del tufo. Splendido da un punto di vista architettonico il grande portale, che è impreziosito da due colonne che sostengono il balcone centrale e lo stemma della famiglia. Dalla stessa piazza si accede alle summenzionate chiese di Santa Teresa e di San Pietro. Il Palazzo fu costruito negli ultimi decenni del Settecento su iniziativa di Francesco Paolo Palmieri.

Nel 1921 il marchese Francesco Saverio Palmieri nomina erede universale la "Congregazione di Carità" e dispone che nel suo Palazzo siano ospitati un Asilo e una Scuola d'Arti e Mestieri. Ultimamente ha ospitato l'Istituto Statale d'Arte (1965-1990) mentre oggi lo stabile appartiene all'A.S.P. Romanelli Palmieri di Monopoli. Nel 2010 è stato set cinematografico per la fiction di Rai Uno Tutta la musica del cuore, per la regia di Ambrogio Lo Giudice.[32]

Palazzo Martinelli (secolo XVIII)

Il Porto Antico è dominato dal Palazzo Martinelli, un palazzo del XVIII secolo, di cui spicca un elegante loggiato con otto arcate ogivali in stile neogotico, eretto su tre arconi, ed una balconata con balaustrini.

Il palazzo fu posseduto prima dai Bandino, poi dai Carbonelli e dai Lentini e infine dai Martinelli, che lo acquistarono a fine Settecento. I Martinelli erano giunti da Mola per motivi commerciali, e lo abitarono dai primi anni dell’Ottocento, dopo averne probabilmente ristrutturato la facciata.

Altri luoghi di interesse

Piazza Vittorio Emanuele

Tra le più grandi di Puglia e d'Italia[43], nata nel 1796 grazie all'approvazione del Re di Napoli, fu costruita seguendo il progetto del regio architetto De Simone: il disegno, a maglie ortogonali, strade rettilinee e traverse perpendicolari è funzionale e trascura alquanto la regola classica, in voga in quegli anni, sperimentando schemi urbanistici innovativi e che si imporranno successivamente in molte altre piazze italiane.[44]

Nel 1848 la Piazza divenne centro di una cospirazione anti borbonica: i liberali di Monopoli si fecero promotori di un convegno di amici della libertà. La mattina del 18 maggio il borgo accolse i congressisti cospiratori: poiché le due correnti attendiste e reazionarie non si misero d'accordo, la cospirazione fallì e i cospiratori furono condannati a durissimi anni di carcere. Una lapide ricorda il luogo in cui si riunirono, posta all'angolo di via Giuseppe Polignani.

Nel 1872 la piazza fu risistemata dall'architetto Losavio che, modificando in parte l'idea originale del De Simone, optò per lo schema della Piazza Giardino. La divise in due rettangoli alberati e l'arricchì di nuovi valori urbanistici. Se per gli alberi si dovette aspettare il 1893, fu invece possibile aprire subito, nel mezzo dei due rettangoli, lo stradone, che da est sbocca in Largo Plebiscito, mentre dal lato opposto si allunga a formare una sorta di decumano dell'intero impianto a scacchiera della città.

Il monumento ai caduti sorge nel rettangolo sud, opera dello scultore Edoardo Simone di Brindisi, che lo eresse nel 1928, fedele alla statuaria ottocentesca e allo stile oratorio del Bistolfi, del Sartorio o degli altri artisti di moda all'epoca. Il monumento è l'unico in Italia ad essere innalzato non per gli eroi, ma per il dolore straziante dei parenti, rappresentato con rara efficacia sul monumento. In epoca fascista venne realizzata una fontana di buon livello formale, poi distrutta dopo la fine del regime. Nell'estate del 2012 è stata terminata la ricostruzione della fontana in forme moderne e all'inizio del 2014 si sono conclusi i lavori di rifacimento della pavimentazione dell'intera piazza, il restauro del monumento ai caduti e l'accesso e l'illuminazione delle gallerie sotterranee realizzate e utilizzate durante il secondo conflitto mondiale come rifugi anti-aerei, oggi visitabili.[32]

Piazza XX Settembre

È intitolata al 20 settembre 1870, data della breccia di Porta Pia, ed era sede dello storico mercato giornaliero di frutta, verdura e pesce. Realizzata nel XIX secolo come cerniera urbanistica tra il cosiddetto "borgo murattiano" e il centro storico medievale, sotto di sé conserva i resti del lato ovest del sistema di fortificazioni urbano della città. La piazza si apre verso i volumi del convento e chiesa di San Domenico e della vicina Cattedrale. È stata completamente ristrutturata nel 2013 e il 2014 e nel corso dei lavori, come già previsto, è venuto alla luce il poderoso bastione di San Domenico e tutto il complesso di mura ad esso connesso: il progetto di variante ha quindi previsto la valorizzazione di questi reperti archeologici, oggi visibili.[32]

Fonte: Wikipedia