Rocca Imperiale

Rocca Imperiale è un comune italiano della provincia di Cosenza, bagnato dal Mar Ionio e situato al confine con la Basilicata. Rocca Imperiale è famosa per il suo bel castello, ma anche per i suoi limoni che, oltre a essere riconosciuti come prodotto agroalimentare tradizionale, hanno ottenuto dal 2011 il marchio Comunitario IGP. Il paese è visibile dalla SS106 ed è facile raggiungerlo.

È il centro abitato più settentrionale della Calabria.

Storia Fonte: Wikipedia


Nascita del paese

Unica via di comunicazione tra le Puglie e la Calabria, sul versante ionico, era, ancora nel 1200, la via costiera ionica citata dalla Tabula Peutingeriana che, partendo da Reggio Calabria e costeggiando il mare, andava a congiungersi a Brindisi con l'Appia che proveniva da Capua.

D'altra parte la Calabria era allora parte integrante della Sicilia, e se i baroni siciliani, sempre contrari alla monarchia per le limitazioni imposte alle loro prerogative, si fossero ribellati, attraverso questa arteria stradale avrebbero potuto tentare l'invasione del resto dello Stato. Appare dunque evidente l'importanza militare del luogo e Federico II volle erigervi un castello che al fine principale difensivo unisse il compito di dare asilo alla Corte negli spostamenti e nelle partite venatorie alle quali il territorio era adattissimo.

L'intensa e frenetica attività edificatoria messa in atto in quel ventennio da Federico II suscitò preoccupazione tali che il giustiziere Tomaso De Gaeta, in una lettera indirizzata all'Imperatore, non poté risparmiargli un rimprovero: "È vero che l'imperatore non deve fidarsi così tanto della pace da non prepararsi alla guerra, ma non è necessario che Vostra Maestà costruisca fortezze così in alto, fortifichi le cime di ripide colline, sbarri i pendii dei monti con mura e li circondi di torri: anche senza fortificazioni la salvezza del re sarà assicurata dalle opere benefiche e dalla mitezza" (Kehr, 1905, pp. 55 s.).

Lo STATUTUM DE REPARATIONE CASTRORUM, il cosiddetto 'Statuto sulla riparazione dei castelli', costituisce l'accertamento giuridico delle comunità e delle signorie feudali ed enti ecclesiastici, secondo le consuetudini, che dovevano provvedere alla riparazione e manutenzione di quei castelli, domus regie e centri abitati. Nel caso della "Rocca Imperiialis" l'imperatore stabilì che ben ventisette località dovevano provvedere a inviare uomini e mezzi: 1 Nocara, 2 Canna, 3 Anglona, 4 Tursi, 5 Favale, 6 Presinace, (8 Rodiani) 9 Senise, 10 Chiaromonte, (11 Rubi) 12 Episcopia, 13 Battifarano, (14 Noge) 15 Castronuovo, 16 Colobraro, 17 Agromonte, 18 Latronico, (19 Solucii) 20 Santa Anania, 21 Armentano, 22 San Quirico, 23 Valsinni, 24 Castelsaraceno, 25 Farace, (26 Tigani) (x) (27 Pulsandrane). (in parentesi le incerte o sconosciute) Come si può osservare esse sono collocate in un fascio che si allarga a ventaglio in una sola direzione, che si estende a molti chilometri in linea d'aria (venti e oltre), distanza che sul terreno doveva aumentare notevolmente, superando dislivelli e attraversando fiumi. La spiegazione di questo fenomeno va senz'altro individuata attraverso una serie di ricerche sistematiche, per quanto i documenti lo consentano, sull'intersecarsi e sovrapporsi di terre e di diritti demaniali e feudali". Si ritenga comunque che queste scelte possano essere dovute anche a una "logica politica", cioè alla volontà, da parte di Federico II, di "evitare che una struttura castellare, con la sua guarnigione e il suo castellano, potesse raccordarsi troppo strettamente alle comunità di quel territorio, sino a diventare pericoloso centro di aggregazione di interessi comuni".[3]

Poiché gli apprestamenti necessari a una grande opera in muratura non si improvvisano, sull'altura che dinanzi era brulla o macchinosa, l'Imperatore, molto tempo prima dell'inizio dei lavori architettonici, dovette inviare operai per i movimenti di terra e la cottura della calce; i quali operai si stabilirono “in situ” formando così il primo nucleo del nuovo abitato. Essi stessi, e i villici poi, cominciarono a distinguere il luogo con l'appellativo dialettale di Ri-carcari o Li-carcari, che fu presto dimenticato e sostituito, e castello ultimato, con nome di Rocca Imperiale.

Il termine Ri-carcari, esaminato alla luce della fonetica locale, è un chiaro nome composto da Ri + carcari o Li + carcari equivalente a “Le fornaci”, le quali dovettero essere in gran numero apprestate per la calce e i mattoni prima di iniziare la costruzione della fortezza.

Il villaggio, formato dagli operai e da pochi altri individui che erano andati a porvi dimora con la famiglia per la sicurezza, dopo oltre due lustri era ancora insignificante, per cui Federico II, che da principio non aveva inteso dar vita a un nuovo incolato, decise di inviarvi una colonia nel 1239.

Sebbene manchino attestazioni probatorie esplicite, la nascita di Rocca, paese e castello, deve quindi attribuirsi a Federico II di Svevia e fra gli antenati degli odierni Rocchesi sono da annoverare degli abitatori medievali della cittadina (a Sud-Ovest) di Castrovillari, con la quale conservano tuttora una stretta parentela linguistica. Rocca


Monumenti e luoghi d'interesse

Come monumenti e luoghi storico-religiosi sono presenti: nel Paese/Centro il Castello, il Monastero e cinque chiese di cui una in quest’ultimo, nella Marina una chiesa, il vecchio granaio/magazino e una torre, questi ultimi due vicini e collocati nella zona subferroviaria antecedente al lungomare, mentre nelle campagne una settima chiesa.

Come luoghi d’interesse, la maggiorparte presenti nella frazione della Marina, ci sono la piazza Giovanni XXIII, la piazza Arena, le gallerie ferroviarie percorribili a piedi, il lungomare cittadino e la villa comunale, antistante a quest’ultimo. Nella zona medio-alta del Paese, rispettivamente difronte alla chiesa madre e a sud del castello, sono collacati la Piazza Monumento e l’anfiteatro.

Castello Svevo

Il presidio del castello fu costituito, fino all'invenzione della polvere da sparo, da arcieri e balestrieri, che si appostavano in combattimento dietro le feritoie e i merli. Due moschetti a miccia anteriore, del ‘400, furono rinvenuti in una cisterna del vecchio maniero. Durante la dominazione borbonica le cortine del forte erano protette da 25 pezzi di artiglieria i quali furono tolti dopo il 1861. Uno fu dimenticato e oggi regge la mensola di un terrazzino.

Chiese

Nota: con i numeri affianco in grassetto, sono indicate le chiese presenti attualmente.

La prima chiesa di Rocca Imperiale sorse, come attesta il campanile, col nascere dell'abitato, al tempo dell'imperatore Federico II di Svevia, nel secolo XIII (1239), ed è la Chiesa di Santa Maria in Cielo Assunta, attuale chiesa madre. Non ci sono notizie di cappelle nell'abitato, ma, annessa all'ospedale, doveva esserci, già nel secolo XIV, quella del Crocifisso. Con l'andare del tempo ne sorsero diverse: prime fra tutte quella di San Giovanni (2), quattrocentesca; poi, in ordine cronologico, furono edificate quella delle Cesine (3), in campagna; quella della Madonna del Rosario o di San Francesco da Paola (4), del Carmine (5), di San Biagio e, in ultimo, quella della Croce (all'ingresso del paese) e dell'Immacolata (addossata alla matrice) al posto del monumento dei caduti della grande guerra.

Nel '700 si menzionano come diroccate le chiesette della SS. Annunziata e di S. Giovanni nelle contrade omonime. Non è escluso che ve ne fosse una a S. Elia, attorno al 1100, officiata dai monaci basiliani, di rito greco.


Chiesa della Visitazione della Beata Vergine Maria 

Raramente detta Chiesa V.B.V.M., fu istituita nel 1964 e venne retta nei primi anni dal parroco del paese Don Francesco Guarino; successivamente, dal Natale del 1967 fino all'agosto del 1984, venne affidata ai Padri Stimmatini per poi passare, a settembre del medesimo anno, al parroco Don Mario Nuzzi. Prima della presente costruzione moderna, che passò in mano a Don Pasquale Zippari nel 2016, era adibito a chiesa un capannone di fortuna; il 4 agosto 2001 fu finalmente inaugurata l'attuale opera architettonica i cui lavori sono stati seguiti in un primo momento dall'architetto Affuso, il cui progetto originario è stato completamente stravolto, e successivamente dall'architetto Forace. La struttura esterna ha l'aspetto di una nave orientata al porto, a testimonianza che la Chiesa è la nave che deve condurre al cielo i fedeli. La struttura interna ha forma di anfiteatro per dare la possibilità ai fedeli di avere una corretta ed equa visione delle celebrazioni liturgiche; la volta, in legno lamellare, crea figure geometriche che le danno un senso di dinamismo e mobilità, vista in tutta la sua profondità sembra una navicella spaziale elevata verso il Cielo.

La struttura presenta poi al suo interno alcune opere d'arte: Il Tabernacolo, (architetto Antonio De Prosperis) è stato completamente realizzato in loco intagliando a mano libera le tessere (pregiati materiali provenienti da Murano) che compongono il Mosaico. Quest'opera crea per mezzo della luce dei giochi di irraggiamento; al centro della porta vi è un cuore in bronzo argentato a testimonianza dell'amore di Dio. Esaminata poi accuratamente, la raggiera del mosaico crea grattacieli e casupole, testimonianza del fatto che la Luce di Dio deve illuminare sia le grandi città sia i piccoli paesi.

Il Paliotto dell'altare, anch'esso in bronzo, raffigura l'istituzione dell'eucaristia (Salvo). Dietro di esso un presbiterio (arch. Forace), in marmo con sedia per chi presiede le celebrazioni, raffigura il Colle del Calvario sul quale si erge il Cristo Crocefisso, 2,15 m di bronzo, realizzato dal Cagni.

A ridosso dell'altare troviamo un ambone, realizzato anch'esso dal Salvo, a forma di biga e raffigurante i simboli dei quattro Evangelisti: l'aquila, il leone, il bue e l'angelo. In prossimità dell'ambone vi è il Battistero, con la base in bronzo a tuttotondo raffigurante una colomba (simbolo dello Spirito Santo) che sostiene una grossa "coppa in marmo" dalle stesse tonalità cromatiche dell'altare, sormontata da un coperchio, anch'esso in bronzo, recante alle estremità un bassorilievo raffigurante San Giovanni Battista. Tutte le opere sono state realizzate con il contributo dei fedeli e di persone amiche.


Museo delle Cere

Ospitato all'interno dell'antico Monastero dei “Frati Osservanti” , il museo offre una sensazionale e suggestiva atmosfera grazie alla compresenza di elementi di misticità, vetustà e alla combinazione spettacolare tra il sacro e il profano. Numerosi sono i personaggi, qui rappresentati con ricercata e acuta verosimiglianza a quelli che sono stati gli uomini simbolo del Novecento, che hanno contribuito a dare luce e spessore economico, artistico, culturale, politico, religioso e sociale al nostro Bel Paese e all'intero genere umano.

Da Federico II di Svevia a De Gasperi, da Mussolini a Che Guevara, da Madre Teresa di Calcutta a Rita Levi Montalcini, da Giuseppe Verdi a Totò (principe Antonio de Curtis), tutti a grandezza umana con occhi di cristallo e capelli veri adornati da un vestiario più che reale, rappresentativo del nostro immaginario collettivo.

Non mancano poi personaggi popolari che con le loro gesta hanno dato splendore e fama a tutta la comunità come ad esempio il pluridecorato milite Francesco Mesce: chiamato alle armi il 15 marzo 1920 e destinato al 63º Reggimento fanteria "Cagliari" a Torino, fu trasferito sul fronte francese, dove prese parte ai combattimenti dell'avanzata italiana nei territori francesi. Rimpatriato, si imbarcò per la Grecia, dove ricoprì l'incarico di artificiere nel Genio Artificieri e, dopo aver ricevuto la medaglia sul Fronte Greco-Albanese il 18 agosto 1943, gli fu concessa una licenza straordinaria. Ritiratosi a Rocca fu invitato, viste le sue capacità, a far brillare delle mine sotterrate dai tedeschi in ritirata dalla Sicilia. Nel tentativo di far brillare gli ordigni per tutelare la popolazione Rocchese rimase ucciso dallo scoppio di una seconda mina nascosta sotto la prima.

Tra le pareti di quello che un tempo fu luogo di preghiera e di culto, completamente immersi nelle vestigia del già di per sé sensazionale Monumento, si respira un'aria trascendentale con le statue che evocano un contatto quasi umano. Inaugurato e aperto al pubblico il 1º agosto 2003 è visitabile tutti i giorni dalle 17:00 alle 20:00 e la domenica anche di mattina dalle 10:00 alle 13:00[4]



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